domenica 14 aprile 2019

Uno vale più di uno

A. è una giovane vecchia signorina che ha lavorato dodici anni in fabbrica, poi ha dovuto accudire la sorella minore, e adesso percepisce la pensione Inps per lavoratori dipendenti, 500 euro, praticamente immutabili. È sopravvissuta grazie alla casa popolare che con la sorella ha ereditato dai genitori in quanto minori della famiglia, consenzienti cioè le altre sorelle e i fratelli, e con lavoretti occasionali.
I fratelli di A., piccoli imprenditori in nero, con casa al mare, uno anche col cavallo per il nipote, si sono visti aumentare l’assegno sociale dall’Inps, ora pensione di cittadinanza, a 780 euro una mensilità già percepita – 120 euro in più sull’assegno sociale di 660 euro per ultrasettantenni senza risorse. Le sue sorelle e le coinquiline fanno tutte domande per il reddito di cittadinanza, avendone i requisiti.
La vecchia signorina A. ci ha provato anche lei, col reddito di cittadinanza, dopo averci provato con l’assegno sociale. Ma la domanda è irricevibile: un nipote divorziato senza casa si è installato da lei, per maturare il diritto alla successione alla casa popolare “in caso di” delle zie, con un reddito da lavoro dipendente, e il nucleo familiare supera così i requisiti Isee per l’Rdc.
Uno vale più di uno, una promozione al rovescio.

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