E adesso,
povero Grillo? Sarà difficile la ripresa del governo con un partner che
raddoppia i voti e l’altro che li dimezza: le condizioni di partenza si sono
ribaltate.
La crisi
di governo è inevitabile: Salvini fa il moderato, ma non vorrà – non potrà -
non imporre la sua agenda: grandi opere e riforma fiscale per i redditi medio
alti. L’esito della crisi è però uno solo, dal punto di vista costituzionale,
quindi del presidente della Repubblica, cui tocca la decisione: un governo 5
Stelle-Pd. A guida forse neutra, o tecnica,
o costituzionale, quello che si vuole, ma è l’unico possibile in
Parlamento in alternativa a quello in carica. Il centro-destra non ha i numeri
– ed è su questo che Salvini spiega il “non possumus”, in realtà inteso a
sfiancare Berluconi.
5 Stelle
e Pd hanno più punti di contatto che non 5 Stelle e Lega: sul sociale,
sull’ambiente, sull’accoglienza o immigrazione, sulla stessa politica europea.
Mai 5 Stelle dovrebbero abdicare alla politica del “nuovo”, su cui si fonda la
loro maggioranza relativa in Parlamento.
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