Non Almodovar, è Banderas che
rinasce. Che però tutto lascia supporre sia lo stesso Almodoar, compresa la
sopravvivenza col tiro di eroina. Esce dal guscio finalmente con un paio di
amici, che s’incaricano di metterne in scena l’ultimo atto, e con i ricordi
della madre e quindi dell’infanzia, incluso il primo desiderio sessuale che lo
invade bambino al punto da stordirlo. Resusciterà
con un copione, che intitola “Il desiderio” – “La legge del desiderio” è il
primo film, trent’anni fa, della trilogia selfie
di Almodovar, che questo dovrebbe aver concluso.
Il consueto melodramma di
Almodovar, con meno scherzi e più malinconia, e resurrezione finale. Un
racconto lineare, gradevole. Scandito
questa volta senza scarti né agudezas.
Il personaggio, dice Almodovar presentando il film, che è tutto suo, ne è anche
soggettista e sceneggiatore, è in realtà Banderas, che se ne è impadronito e lo
ha imposto, giorno per giorno, sul set e allo stesso autore. È verosimile.
Banderas gioca il personaggio curiosamente col solo sguardo, tra spento e
sottilmente ironico.
Come Moretti
Altrettanto curiosi sono, per
uno spettatore italiano, i calchi. Sul fondo di una canzone di Mina 21961,
“Come sinfonia”. Penelope Cruz, la madre giovane del protagonista, è in tutto
Sofia Loren - eccetto che nella presenza fisica. Mentre Nanni Moretti è dappertutto, specie
con “Caro Dario” e “Mia madre”. Ultimi di una serie di calchi, vicendevoli?, di
due registi quasi coetanei (sì come autori di film), che vanno forse in
parallelo, ma Moretti con più autonomia: il “gruppo” (gli amici-attori, a lungo
trademark di Moretti), le fisse, l’amicizia,
l’infanzia, la solitudine nella grande rete, convulsa, dei rapporti umani e di
lavoro, al limite della misantropia. In un racconto sempre in soggettiva - si dice oggi del selfie per sintesi, con un termine in voga, ma la soggettiva è semrpe stata la loro forma espressiva. Anche
il tono narrativo è similare, semiserio. E lo schema evocativo: la scoperta (lo
sguardo da bambino), l’intromettenza nelle vite degli altri – i coprotagomisti
e gli stessi spettatori - e gli sdegni teatrali.
Pedro Almodovar, Dolor y Gloria
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