Si dice il calcio sempre più aziendale,
come lo vuole Agnelli. Ma allora con una differenza. Che in Italia l’aziendalismo
si vuole ed è micragnoso, ragionieristico – salvo sforare i bilanci, come lo
stesso Agnelli fa, lui di centinaia di milioni. Non sa investire, non sa creare.
E distrugge anzi il patrimonio. Non sa creare miti, o sogni, che sono la vera
materia dello sport, dell’agonismo.
Altrove questo potenziale è al
contrario sostenuto – si chiama marketing,
ma allora intelligente. È il caso soprattutto delle squadre britanniche, che hanno
un seguito enorme, con ricadute cospicue
sui bilanci, in Asia, fra le grandi masse, ma anche in Africa e perfino
in America Latina. Cosa di cui il calcio italiano non si cura. Ha saputo creare
dei miti in passato, ma a sua insaputa, e ora nel calcio ragionieristico è solo
applicato a distruggerlo.
Il Milan aveva un enorme seguito con i
tre olandesi e Sacchi e non ha saputo stabilizzarlo, non se ne è curato. La
Juventus, che ha “creato” John Charles, Boniperti, Platini, lo aveva in Del Piero,
popolarissimo in Asia, e l’ha cacciato – Del Piero come altri benchmark,
Buffon, Pirlo, oggi Allegri.
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