Praticante e teorico del
romanzo d’intreccio, in saggi e memorie, Stevenson è uno degli scrittori che
sempre si ristampano, anche ora che come scrittore d’avventure non è più in
domanda: da critico letterario quale era nato alla scrittura. Ha qui anche una
“Chiacchierata sul romanzo” ancora utile, malgrado le tantissime chiacchiere
successive. E ricordi di giovinezza, i familiari, gli amici, i cani, Dumas. Uomo aperto per
natura alla serendipity, di ogni
occorrenza facendo lieta scoperta, anche se con riserva critica.
Una folta scelta di saggi letterari è stata collazionata e pubblicata da Almansi con Sellerio nel 1987 – a
cent’anni da questo “Memorie e ritratti – col titolo “L’isola del romanzo”. Una
raccolta di testi robusti, su Whitman, V. Hugo (il “romance”), Poe. Altri
saggi, estesi, non tradotti, Stevenson ha pubblicato su Robert Burns,
Thoreau, Villon, Yoshida-Torajiro,Charles d’Orléans, John Knox et al.. Questa raccolta, messa assieme
dallo stesso Stevenson nel 1887, assortisce la passione critica con memorie e
impressioni di cose e persone.
Stevenson è uno stakhanovista
delle lettere – “Il sentimento fondamentale nella scrittura di Robert Louis
Stevenson è l’entusiasmo”, era l’attacco di Almansi. Gli piace raccontare, e
spiegarsi-spiegare l’arte del racconto. Allo stesso modo. Non proprio come
“L’isola del tesoro” ma quasi: anche i saggi e i ricordi sono “d’intreccio”,
come i racconti.
Si ripubblica l’edizione Bompiani
1947, curata da Arnaldo Frateili e tradotta da Flaminia Cecchi – con al
copertina, allora, di De Pisis.
Robert Louis Stevenson, Memorie e ritratti, Elliot, pp. 156 €
17,50
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