Una pazza evade dal
manicomio, di notte, mentre infuria un uragano,
dopo aver artigliato l’infermiera. È anche un’ereditiera, che però
entrerà in possesso dell’eredità solo uscendo dallo status giuridico di folle,
con quattordici giorni di libertà cioè fuori dal manicomio. Una giovane bella e
problematica, che però non sa di essere matta e ereditiera. Esca a molte cacce,
dello sceriffo, di un giornalista, di profittatori, di rapitori e killer.
Il sangue di Carol, il sangue
marcio, non è in realtà dell’“orchidea” ma di Slim Grisson, il folle sanguinario
che l’Orchidea ha rapito e torturato a morte nel classico “Niente orchidee per
Miss Blandish”. - in un ammazzamento seriale, al modo che sarà poi dei film di
Peckinpah. Nel 1948, dieci anni dopo
“Niente orchidee”, e in contemporanea col film che ne fu tratto, questo è il
seguito a sorpresa: miss Blandish ha avuto una figlia nella lunga cattività,
dal suo carceriere. Sangue buono, e marcio insieme, scorrerà anche qui, in quantità. Con una differenza: il sangue marcio di Grisson questa volta è messo
al servizio del bene. Del bene si dice per dire, della vendetta: per “fare giustizia”
dei brutti, sporchi e cattivi.
Tutto falso, molto, in forma
di western, alla Leone, e di “giallo all’americana”, di Scerbanenco, con le
pistole fumanti dei gangster anni 1930. Non l’hardboiled che vuole l’editore, non alla Chandler, nemmeno alla
Hammett, il genere è horror-azione. Ma si corre anche, molto, nella lettura.
S’immagina perfino come va a finire, ma questo non dissuade.
James Hadley-Chase, Il sangue dell’orchidea, Polillo,
remainders, pp.280 € 7,45
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