Insiste Bruxelles per l’aumento
dell’Iva, e questo spiega perché c’è il rifiuto dell’Europa. Istintivamente, forse,
ma nel giusto. Perché l’Iva è il problema, non la soluzione.
Un regime fiscale basato
sull’Iva è iniquo, e distrugge ricchezza. Fa pagare lo stesso bene o servizio a
tutti nella stessa misura, ricchi e poveri, anche i poverissimi. e riduce il
reddito complessivo invece di accrescerlo. In due modi. Perché spinge all’evasione
– chi paga il meccanico o l’idraulico con l’Iva, un quarto in più di spesa,
un’assurdita? E perché riduce i consumi e l’attività. E quindi limita la
ricchezza e in parte la distrugge.
L’Iva è il problema, non la soluzione
– il professor Tria ha ragione di farci sopra dei sacasmi. Una minima
cognizione di scienza delle Finanze lo insegna. Ma anche il senso comune lo sa –
Bruxelles è sola in questa ossessione, con la mentalità semplicistica del
contabile.
L’evasione fiscale gira attorno
all’Iva. Sia essa del 20-22 per cento del reddito tassabile, come dicono vari
calcoli, anche dell’Istat, o anche della metà. Ed è responsanbile massima, sempre
l’Iva, di un’economia che da troppi anni boccheggia: troppe tasse, troppe tasse
indirette quale è l’Iva, ingiuste per definizione e care. Non l’aumento, che
comunque è mortale: l’Iva in sé. Il principio che tutti debbano pagare la
stessa tassa, i ricchi e i poveri. E il
principio che il lavoro – il lavoro autonomo, quello più applicato,
responsabile e faticoso, vada tassato. Vada tassato di per sé, a prescindere
dal reddito.
Questo capestro essendo
diventato il cardine del sistema fiscale, è la causa del suo fallimento:
l’evasione fiscale è l’evasione dell’Iva. Punto. E basta.
Un prelievo ingiusto in
principio, concettualmente, su tutto il lavoro autonomo, intellettuale e
pratico. Ingiusto come quantità: finché era al 4 per cento era sopportabile:
come indicatore di un’attività, più che come sanguisuga. Al 21 per cento la sua
evasione diventa legittima difesa. Per il prestatore d’opera, e per tutti i
beni non sottoposti a fatturazione.
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