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sabato 25 maggio 2019

Pene d’autore


Dell’arte di vendere libri, magari dopo averli fabbricati. Proprio, come un qualsiasi prodotto. Una cajenna per l’autore, sotto la ferula d’inflessibili editori, e le loro addette stampa. E dell’autore nudo, senza aureola, “misero per essere orfano, orfano per esser naufrago…”, eccetera, come recitava un vecchio manuale di diritto diplomatico e consolare. Qui non propriamente naufrago ma confinato a pensione di seconda categoria, con vista interna cieca, e polvere sui ripiani. O del libro in generale come una dannazione - “qui nessuno compra libri”, eccetera. Sette racconti allegro con moto. Spiritosi, veloci, ma stranamente inappetibili: ci sono materie non raccontabili?
O Manzini è come Schiavone, il suo commissario, che un po’ ce l’ha col mondo:  “pene d’autore” è il tema, la delusione, anzi si direbbe la miseria, che segue a ogni libro, a ogni pubblicazione, tanto più se in pompa, con duecento, o quattrocento, presentazioni, in duecento, o quattrocento, luoghi diversi, benché tutti eguali, grigi e faticosi, un rituale stanco, le solite venti persone, le solite domande, le solite risposte, e l’imperdibile firmalibro. Racconti di un rituale quasi macabro. Anche dove l’inventiva è sfrenata.
Il lungo “Racconto andino”, un giallo semiserio che è quasi un romanzo attorno al Grande Autore Sudamericano, passa di sorpresa in sorpresa, gargantuesco, fino alla morte, senza che il bestseller ne venga a soffrire, anzi s’incrementa, si gonfia, scoppia, letteralmente - i bestseller per la precisione: la morte ne implica un altro. Un noir, squinternato, come piacciono a Manzini. Ma con una vena torva: trattato con sgarbo, come una scudisciata, che lascia freddi.
Nel mezzo lo scrittore fa i conti col “bullismo autoriale”: la voga di proporre\imporre al lettore le vicende dell’autore, anche minime. Lo fa in forma satirica, ma algida, come da necroforo. Lo stesso negli sfoghi di malumore – non si sorride e non si consente, l’autore non vuole. Pontiggia è “forse il più immenso scrittore italiano del Novecento” – ma, certo, può ancora recuperare;  “Solo due uomini” sfuggono alla regola dei Meridiani, che ricompattano solo autori morti: ma chi, Scalfari e Camilleri, Arbasino e Scalfari, Camilleri e Bevilacqua? La rabbia sembra stagionata, siamo alla revulsione.
Antonio Manzini, Ogni riferimento è puramente casuale, Sellerio, pp. 275 € 13

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