Il più preoccupato dallo sbarco
cinese in Europa è Putin. Che per questo è ora il più assiduo e insistente, se
non l’unico, propugnatore di una “sicurezza europea” e anzi atlantica.
Primo proponente dell’Eurasia,
nella sua prima presidenza, si è visto scavalcare in poco tempo dalla Cina in tutto
il sottopancia asiatico, e nella stessa
Europa orientale, ai suoi confini.. Dell’Eurasia puntava a essere il onte, il
tramizte tra i due continenti, con una rete di trasporti ferroviari e stradali
che necessariamente doveva passare per la Russia, e per i paesi asiatici ex
sovietici, a metà ancora oggi russi. Invece la via della Seta si fa via mare, con
profuzione di investimenti in tutti i apei asiatici in cui Pechino riesce a
mettere piede, dalla Malesia e Singapore all’Est Africa, e nel’Europa orientale
e meridionale – Grecia e Italia.
Questa espansione a macchia di
leopardo, se obbedisce a una strategia, come è sicuro di ogni cosa cinese, fatica
ad avere un senso strategico, se non commerciale, esclusivamente. La Cina occupa
gli spazi vuoti, aziende, attività, lavorazioni in crisi, senza però continuità
territoriale né consonanza politica. Fuori peraltro dal Nord Africa e il
Medio Oriente, dove si alimenta i consumi energetici, e in genere dal mondo mussulmano. Ma basta a
impensierire Putin.
Impedito nel rapporto con
Washington dal Russiagate, Putin punta da qualche tempo sull’Europa. In ambito
europeo ha in più occasioni detto che va risolta la questione ucraina – la divisione
del apese e l’annessione della Crimea. Nel quadro del gruppo dei Quattro,quello
degli accordi di Minsk, con Francia e Germania. E più di un disegno ha fatto
elaborare di difesa europea.
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