Un programma di lavoro e
quasi una consulenza, per il mantenimento delle lingue classiche nei
licei.Con la consueta verve, ma con
seriosità, il classicista di Siena espone le ragioni per cui è utile mantenerne
l’insegnamento. Le ragioni sono quelle programmatiche dell’ opera, che la quarta
di copertina sintetizza.
“Sempre piú
spesso a chi si occupa di discipline umanistiche – e soprattutto classiche –
viene chiesto: «A che cosa serve?» Dietro questa domanda agisce una rete di
metafore economiche usate per rappresentare la sfera della cultura («giacimenti
culturali», «offerta formativa», «spendibilità dei saperi», «crediti», «debiti»
e cosí via). A fronte di tanta pervasività di immagini tratte dal mercato,
però, sta il fatto che la storia testimonia una visione ben diversa della
creazione intellettuale. La civiltà infatti è prima di tutto una questione di
pazienza: e anche la nostra si è sviluppata proprio in relazione al fatto che
alla creazione culturale non si è chiesto immediatamente «a che cosa servisse».
In particolare, è proprio lo studio dei Greci e dei Romani a meritare questa
pazienza: soprattutto in Italia, un paese la cui enciclopedia culturale è stata
profondamente segnata dall’ininterrotta conoscenza dei classici. Se si vuole
mantenere viva questa presenza, però, è indispensabile un vero e proprio
cambiamento di paradigma nell’insegnamento delle materie classiche nelle nostre
scuole”.
Un cambiamento
radicale di enciclopedia culturale somiglia infatti a un cambiamento di
alfabeto”. Conuna proposta su come migliorarne
l’insegnamento. Anzitutto rinnovandolo, ma rispetto alla “sciagurate” leggi
degli ultimi venti anni, che lo vogliono alla moda, delle tematiche, dei
personaggi, come se fosse la lettura del giornale. Mentre unvero rinnovamento vuole il ripristino di un
monte ore da “vero liceo classico”. E il cambiamento della valutazione finale,
la “traduzione”. Che non può esere di un testo (magari di autore mai letto o
piùmeno sconosciuto, per rendere la
prova più ardua), ma la prova di una cultura.
“L’Italia e la cultura
umanistica” è il sottotitolo:“Se non leggeremo piú
l'Eneide perderemo contatto non solo con il mondo romano,
ma anche con ciò che è venuto dopo. Perdere Virgilio significa perdere anche
Dante, e cosí via.
Maurizio Bettini, Ache servono I Greci e I Romani?, Einaudi, pp. 148 € 12
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