Alberi
– Tronchi solidi ma di natura femminea? È ipotesi del giovane
Pirandello, in una breve poesia del “Taccuino segreto” (p.199): “Fusti d’acacia
giovane, di dense\ chiome, indolenti al vento s’abbandonano\ che par debba spezzarli; e invece godono\
femmineamente di sentirsi aprire\ e scomporre così le chiome, e volgono\ il
vento elastici flessibili\ in moto d’onda, in vortice di nuvole…”.
È l’aspetto forse più singolare (identificativo) della specie. Assente nel repertorio che Alain Corbin ne ha redatto, “La douceur de l’ombre. L’arbre, source d’émotion de l’Antiquité a nos
Jours” -dell’albero mezzo di scrittura:
http://www.antiit.com/2015/05/quante-emozioni-sotto-lalbero.html?m=0 “nonché
scrittura esso stesso: testimone fisico e metafisico, degli eventi naturali e
della stessa storia, come e forse più dei mammiferi, per quanto intelligenti e
memoriali. Metamorfico, metempsicotico, durevole. L’idea più approssimata nel
reale alla resurrezione e all’eterno”: “L’albero evoca più la
rigenerazione-resurrezione che la morte”.
Decadenza – Si accompagna
all’attivismo, alla febbrilità. Paul Veyne, “Le «Leggi» di Platone e la realtà”, stabilisce che la filosofia e la storia
antiche legano il vitalismo alla decadenza. E l’antinomia lega alla consistenza
vacua dello stile di vita occidentale: “Il volontarismo pervade tutto ciò che
la società greca e romana vuole essere. Esiste un’ossessione greco-romana
della virilità. I Greci e i Romani, quando hanno l’incubo del crollo definitivo
delle città, sognano questa catastrofe come una decomposizione dei muscoli
sociali. E di se stessi che hanno paura. E gli oppositori si comportano in modo
analogo. Da Platone a san Girolamo ci sono stati uomini che si sentivano in
esilio nella società reale, della quale avvertivano il cattivo funzionamento:
trascorrevano giornate tristi”.
Dio – È artigiano, è pensato come
tale. Lo scopre Wittgenstein nel diario di Skjolden (in “Movimenti del
pensiero”), a conclusione di lunghe pagine di riflessione in tema: “È curioso
che si dica che Dio ha creato il mondo e non: Dio crea continuamente il mondo”
Si risponde: “Si viene fuorviati dalla similitudine dell’artigiano”, che fa la scarpa,
un lavoro compiuto, che dura per qualche tempo. Mentre la creazione non può che
essere continua: “Perché mai deve essere più grande il miracolo che il
mondo ha iniziato a essere, rispetto al
fatto che continui a essere?” E: “Se si pensa Dio come creatore, la
conservazione dell’universo non deve essere un miracolo altrettanto grande della sua creazione - anzi non sono entrambe una cosa sola?” .
Identità – È di fatto
molteplice, non singolare. Per Pirandello e, oggi, Jumpha Lahiri – l’identità è
materia letteraria? Sì, si rispondeva von Hofmannstahl già un secolo fa, poco
meno, nel 1926, a scongiuro contro il rozzo nazionalismo etnico. Singolarizza
per decisione o scelta, ma è in sé composita. Per il singolo e per l’insieme.
Sul piano psicologico ma anche materiale, compreso il linguistico – si parla e
si scrive in molteplici maniere la stessa lingua. Si vuole unitaria-univoca per
opposizione, sempre sul piano sia psicologico che sociale, ma subito dopo si
fraziona o divide. È un coacervo, di dati e anche di pulsioni – quindi
instabile.
È
riferimento dilagante in opposizione all’insicurezza: un baluardo, ma semplificato,
come rimedio a uno stato febbrile, morboso, per eventi improvvisi e ingovernati.
È – può essere – quindi terapeutica, una sorta di autoanalisi, come di chi va dallo psicoterapeuta per “ricostituirsi” – un
ricostituente. Ma instabile, come è delle analisi terapeutiche - preconcetta,
avventurosa, anche limitativa. Oppure è una parola d’ordine, un chivalà. E
quindi un progetto politico.
L’esistenza
non si circoscrive, e in sé non si finalizza. Se non appunto come strumento,
come accorgimento a un fine pratico, immediato, selettivo. .
Inferno – Nasce come
diga al crimine. Nella sintesi di Cicerone all’ultima delle “Catilinarie”: “C. Cesare ritiene che gli dei immortali non abbiano creato la morte
come castigo ma come legge di natura e riposo dalle fatiche e dai dolori, e
perciò i saggi non l’hanno affrontata con riluttanza, i forti spesso persino
con gioia; la prigione, al contrario, e tanto più quella a vita, è stata
inventata come castigo eccezionale per i delitti più esecrandi. E questa la
ragione per la quale i nostri padri, al fine di infondere terrore ai malviventi
durante la vita, vollero che dopo la morte i malvagi soffrissero supplizi
sempiterni, poiché sapevano o che se non ve ne fossero stati la morte in sé
non faceva paura”.
Marxismo
democratico – Trascurato dagli
studi per un secolo ormai, prima dalla censura del Diamat, il comunismo
sovietico, poi, da Praga al crollo del Muro, dalla censura di ogni comunismo, ha
avuto negli anni 1930 un minimo diritto di cittadinanza. In antitesi ai
fascismi. A opera specialmente di un comunista viennese, Otto Maschl, che negli
ani 1930, in fuga dalla Mosca staliniana a Parigi, adotterà lo pseudonimo di Lucien
Laurat, e finirà per scrivere durante l’occupazione tedesca per riviste collaborazioniste.
Gli studi di Laurat sulla proposta di Rosa Luxemburg – riuniti in inglese nel
1940 sotto il titolo “Marxism and Democracy”, non tradotti in italiano (né se
ne trova traccia in Althusser, Bobbio, Colletti e altri che hanno indagato nella
stessa direzione) – vanno oltre la critica del leninismo, alla quale Luxemburg
è confinata, per aprire alla funzione di governo e all’interattività
istituzioni-pubblico: la democrazia cresce dall’interazione tra le forze di
governo che non si concepiscono come semplici detentrici del potere, e le masse
che via via la stessa funzione di governo illumina e convoglia alla gestione
collettiva.
Postmoderno – Si prolunga nella citazione di citazioni. Prolifera, estenuato,
nel Millennio, dopo ave governato fine Novecento. Nelle arti figurative, al cinema e in
letteratura, replicando il pastiche in serie. il rifacimento di rifacimenti. Il postmoderno propriamente
detto si dilettava di citazioni, ora si è alla citazione di citazioni. Si parodia
Sergio Leone, che parodiava il western americano. Si rifà, si riscrive, il
modello è la copia.
Progresso – Non è una freccia, si sa, ma non è nemmeno una marcia in avanti.
Anzi, è più una melassa. Non necessariamente in surplace, ma pasticciato e da sceverare – una melassa di buono e cattivo. È
una scelta, del giudizio, non una cosa o un fatto. Qualsiai novità (miglioramento,
sviluppo) è suscettibile di applicazione dannosa o retrograda. Di più e peggio
avviene (è possibile) in materia umanistica: di dritti, politici e no, di
doveri, di male, di bene, di giusto e ingiusto, opportuno e inopportuno.
zeulig@antiit.eu
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