“Napoli non è solo violenza, è anche
santità”, così il papa in visita rincuora i napoletani. Dalla stessa distanza
dell’editorialista infastidito – Napoli non è “solo” violenza?
Avevamo lasciato Vittorio Pisani
perseguito quattro anni fa dai giudici partenopei, e sospeso dal servizio, per
avere arrestato i capi della camorra casalese, lo ritroviamo vice-capo dei
servizi segreti. La polizia non teme i giudici, neanche napoletani.
Camilleri dice, “Come la penso”, 49, “il
cosiddetto brigantaggio”, per un motivo: “Dico cosiddetto perché uno
specchietto riassuntivo del fenomeno,
emanato ufficialmente dal comando militare di Gaeta, reca i seguenti dati
concernenti il periodo 1861-64: briganti fucilati e uccisi, 5.212, arrestati,
5044; presentatisi, 3,597”. Semplice. Briganti?
“Il generale dalla Chiesa”, insiste
Camilleri a proposito del brigantaggio, “concludeva un suo proclama che
incitava a distruggere le abitazioni contadine con queste parole: «Tanto,
dentro, vi troverete più fucili che pane»”.
C’era già un generale dalla Chiesa in
missione al Sud,
L’ideologo del nazionalismo russo e
dell’Eurasia Aleksandr Dugin, invitato all’università di Messina per un
convegno e in un’aula del consiglio regionale a Reggio Calabria per un
conferenza, è ospite sgradito e viene cancellato. “È l’ideologo di Putin” è
l’accusa. E quand’anche fosse – non lo è, Putin pensa ad altro, ma quand’anche?
Si ripetono al Sud ingigantendole le stracche parole d’ordine nazionali. Di un
politicamente corretto peraltro confuso – Dugin da Messina è passato a Udine, a
discutere con Noam Chomsky, Diego Fusaro, Edoardo Sylos Labini, roba seria.
“A ognuno dei suoi compleanni celebrava
un piccolo servizio funebre alla propria memoria, perché non avrebbe potuto
essere morto, dopotutto?” È fantasia di Elias Canetti, “Il libro contro la
morte”, 25. Molto meglio l’onomastico, se non altro non è funereo.
Sgarbi difende Feltri, che ha rubato la
scena a Camilleri in ospedale dicendo: “Mi dispiace se muore. Mi consolerò pensando
che Montalbano non i romperà più i coglioni”. Sgarbi lo trova “prudente e misurato”.
Lo difende sul “Giornale”, che è stato a lungo diretto da Feltri, ma lo dice “prudente”
ironicamente. Intanto rubando la scena a Feltri e a Camilleri.
Feltri aveva a corrispondente dalla
Calabria Antonio Delfino. Che ne era un ammiratore, benché lo sapesse leghista.
È che Feltri gli pubblicava tutte le corrispondenze, e senza metterlo in coda,
per settimane e mesi. “Mi ha fatto guadagnare 400 copie in Calabria”, Feltri complimenta
Totò nella presentazione che ha voluto fare a un suo libro. Che in una regione
che non legge in effetti erano tante. Il giornalista vive di copia.
Sud
immaginario e Sud reale
Nella prefazione 1962 a “Un re
senza distrazioni”, 1947, Jean Giono spiegava di avere creato un Sud immaginario
per molti suoi romanzi, di cui si era fatto “un piano completo” fin dal 1937.
Una ventina di titoli, tra i quali, poi realizzati, oltre a “Un re senza
distrazioni”, “Noè”, “Le anime forti”, “I grandi sentieri”, “Le Moulin de
Pologne”, “L’Iris de Suse”. Con questa idea. “Si trattava per me di comporre le
cronache, o la cronaca, cioè tutto il passato di aneddoti e ricordi, di questo «Sud
immaginario», di cui avevo, con i miei romanzi precedenti, composto la
geografia e i caratteri. Dico «Sud immaginario» e non Provenza pura e semplice….
Ho creato in tutti i sensi i paesi e i personaggi dei miei romanzi”.
Il Mezzogiorno invece, il Sud
italiano, è sempre stato “realista”, da Verga, De Roberto e Alvaro, a Domenico
Rea, Scotellaro, Sciascia, etc, la lista è lunga. Il Sud di Giono la Provenza,
era il luogo im cui Giono stava benissimo, e se lo riservava per sé, per i
romanzi inventandosene uno. Il Sud nostrano è invece “denunciato”, in vario
modo rifiutato. Si capisce che vada “n’arreri”.
Mafia
indistruttibile
“Maxiblitz all’alba, centinaia di
arresti e scacco matto alla camorra”, “Il Mattino” di oggi dà i titoli ai
giornali radio. Ma ogni mattina da alcuni anni il giornale radio è aperto dai
Carabinieri, qualche volta intervallati dalla Guardia di Finanza o dalla
Polizia, con una retata di mafiosi. Venti-trenta arresti in media ogni mattina.
Nel foggiano, nel leccese, nel napoletano, e dappertutto in Calabria e in Sicilia, con propaggini al Nord, Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, Liguria.
Mettiamo due anni. A venti arresti ogni
mattina sono oltre settemila. A trenta oltre diecimila. Su tre anni sono ventidue
e trentatré mila. Ma quanti sono questi mafiosi? E dove li mettono?
Gli arresti sono scaglionati: una retata
ogni mattina. C’è un ordine nel crimine? Nell’informazione?
E prendere un mafioso quando fa il mafioso
e importuna il “territorio”, la società, la gente, la terrorizza? Quando vende droga,
appicca il fuoco, spara contro il portone, le finestre, le gomme, fa
un’estorsione, ha “bisogno di 500 euro subito”, compra e vende armi da guerra? Non
se ne potrebbe fare lo stesso un annuncio la mattina? Senza aspettare, cioè,
venti, trenta anni di soprusi.
Mafia
onnipotente
Sotto titoli roboanti, “Da Gioia Tauro ai porti del Nord
fiumi di cocaina”, “Passa dalla ‘ndrangheta il fiume europeo della cocaina”, si
arresta Emanuele Cosentino, o Gaetano Tomaselli, o altro illustre latitante, tutti
“Pablo Escobar gioiese”, inteso di Gioia Tauro, il paese di Arlacchi, si legge poi
di 53 kg. sequestrati al porto di Gioia Tauro, o 144 kg. al porto di Genova.
Cioè di niente. Sulla base di una testimonianza di un pentito mai prima
sentito, che tiene in piedi con le sue rivelazioni un’intera Procura Antimafia
calabrese. Un pentito che si vuole tramite con i “Colombiani”, i quali, dice, “trovavano la merce, e la possibilità di fare
la salita là in Argentina” – la “salita” cioè l’uscita in castigliano, l’imbarco.
Ma “là in Argentina”, che è un po’ distante dalla Colombia?
Si fa molto credito al delitto nei media, perché, si ritiene,
fa vendere. Non è vero, ma è quello che pensano i direttori. È lo stesso per i
giudici e le polizie? La ‘ndrangheta prospera per un rapporto dei servizi
segreti dieci o quindici anni fa che, in un anno di magra del crimine internazionale,
la dichiaravano l’associazione a delinquere più ricca e pericolosa del mondo.
Non è vero, e dunque a che pro dirlo – a parte l’esigenza per i servizi segreti
di giustificare lo stipendio?
Perché dire che il porto di Gioia Tauro è il punto d’ingresso
della droga in Europa, quando non è vero e si sa che non è vero - le intercettazioni dicono Gioia Tauto non sicuro, cioè controllato dalle dogane? A parte il fatto
che è facile controllare gli arrivi, e se non si fanno i controlli è perché ci
sono connivenze, e queste sono, all’evidenza, più facili e comuni a Rotterdam - dove peraltro molta droga è fabbricata industrialmente, le pasticche - e in Spagna, in Galizia, terminale della Colombia, e nella Costa Brava. Magnificando il crimine, ben oltre la sua dimensione e
“qualità”, si allerta la vigilanza oppure non la si indebolisce?
Il
Sud è (solo) depresso
I giornali locali, in Sicilia e in Calabria,
impongono teppismi, attentati, furti, litigi, “ladri di ferro sulla passerella
dei disabili”, agrumeti e oliveti a rischio, se non c’è il baco non c’è mercato…
Il carattere meridionale si ritiene allegro, ma perché è depressivo – o non si
leggono i giornali (il Sud non legge) per questo, perché sono deprimenti?
Se non c’è crimine, il Sud non c’è, non
si ritrova. Si restituiscono il Café de Paris e altri locali romani rinomati a
un Alvaro di Sinopoli in Calabria. Dice che non c’entrava con la ‘ndrangheta.
Dopo quindici anni. La notizia è una non notizia.
Lo stesso di Chiara Rizzo, moglie di
Matacena, un imprenditore di Reggio Calabria diventato parlamentare di
Berlusconi e quindi inviso all’allora Procuratore capo Pignatone, buon
Democratico. È stata assolta, dopo sei anni: non ha rubato, non ha trafugato
soldi, ne aveva molti ma erano suoi. La cosa non fa notizia. La cronaca può
essere solo nera.
leuzzi@antiit.eu
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