Susanna Tamaro fa l’esempio, in un libro in uscita,
degli strani accertamenti dell’Inps su chi raccoglie le castagne nel castagneto
di un amico, o l’uva alla vendemmia, e non è regolarmente retribuito, con voucher (ci sono ancora?) o contratto temporaneo.
Non un impiego del tempo a perdere da parte dei funzionari dell’Inps, ma una
vera caccia all’evasore – che forse per questo non si trova.
Di peggio succede, per la
testimonianza di Tamaro e anche personale, con le ex Guardie Forestali dopo che
sono state passate ai Carabinieri. I quali, non sapendo che fargli fare, gli
hanno passato i controlli alimentari, il vecchio Nas, nucleo
anti-sofisticazione. Giornate sono perse dagli esercenti dietro i Forestali-Carabinieri,
che non sanno cosa chiedere, e perciò prendono tempo.
Tanti controlli-abusi di cui
Tamaro racconta sono dovuti all’occhiuto impegno delle amministrazioni locali sulle seconde case in Toscana – Tamaro non menziona
la Toscana, ma si sa. Si pagano diritti salati, con multe stratosferiche per
tutto: aver rimosso una legnaia marcita, aver eretto un cancelletto di legno, non
aver dato la tonalità regolamentare alle imposte, aver coperto la serra dei fiori con una
plastica o vetrata di sfumatura di colore non consentito – aver creato una
serra per i fiori. Ciò nel grossetano soprattutto, terra già celebre per i taglieggiatori
di passo, ma anche nel senese.
La Toscana è ingorda di tasse, su passanti e
forestieri. I soprusi con i non residenti giustifica con la protezione ambientale. Alla quale però sfuggono le licenze di cementificazione, con villette a schiera e anche multipiano. Nelle valli e anche sui poggi, con vista - si sa che l'ambiente ne è ghiotto.
Mezza Italia, nelle zone boscose,
in quelle montuose - nelle Prealpi anche agglomerati urbani importanti – e
perfino al mare, dove gli esercenti dei bagni non hanno aderito alle reti wi-fi
o ne sono usciti, ha difficoltà a connettersi. Con danni anche importanti, ora
che è invalso l’uso di Internet, con la banca, con i fornitori, e anche con lo
Stato, il fisco, l’Inps, i Comuni, il Catasto e ogni altra istituzione. Perché
la rete è stata lasciata agli operatori telefonici, che servono di preferenza
le aree più intensamente abitate.
Si fa come se l’Italia fosse
immobile, nessuno si muovesse, per lavoro o anche soltanto per piacere o per la
salute, o per un impegno qualsiasi.
La connessione privatizzata
penalizza gli utenti anche per il motivo che gli operatori spesso si scambiano
le torri con segnale. Una zona remota, o boscosa, o scarsamente abitata, prima
servita da Wind, lo è ora da Vodafone o da Tim, ma il residente stesso, nonché
il viaggiatore, non può cambiare
operatore a ogni passaggio di proprietà
delle torri col segnale. È così che l’iperconnessa Italia, quella che più di tutti parla e legge al telefonino, figura non connessa.
Una rete nazionale di
connessione via cavo era stata avviata in anticipo su internet, quando si
aprlava di “città cablate”, di capacità
di “trasporto” via cavo moltiplicata all’infinito, dalla Stet-Sip col
progetto Proteo. Poco meno di trent’anni fa. Ma la Stet-Sip andava
privatizzata, e il progetto fu fermato, come ogni altro investimento da parte
dell’ex operatore pubblicio, che era all’avanguardia. Le varie proprietà private
che si sono succedute a Telecom-Tim si sono solo occupate di incassare l’ipertrofico
abbonamento al fisso, e di arrotondare con i margini della fatturazione.
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