venerdì 7 giugno 2019

Appalti, fisco, abusi (154)


Susanna  Tamaro fa l’esempio, in un libro in uscita, degli strani accertamenti dell’Inps su chi raccoglie le castagne nel castagneto di un amico, o l’uva alla vendemmia, e non è regolarmente retribuito, con voucher (ci sono ancora?) o contratto temporaneo.
Non un impiego del tempo a perdere da parte dei funzionari dell’Inps, ma una vera caccia all’evasore – che forse per questo non si trova.

Di peggio succede, per la testimonianza di Tamaro e anche personale, con le ex Guardie Forestali dopo che sono state passate ai Carabinieri. I quali, non sapendo che fargli fare, gli hanno passato i controlli alimentari, il vecchio Nas, nucleo anti-sofisticazione. Giornate sono perse dagli esercenti dietro i Forestali-Carabinieri, che non sanno cosa chiedere, e perciò prendono tempo.

Tanti controlli-abusi di cui Tamaro racconta sono dovuti all’occhiuto impegno delle amministrazioni locali sulle  seconde case in Toscana – Tamaro non menziona la Toscana, ma si sa. Si pagano diritti salati, con multe stratosferiche per tutto: aver rimosso una legnaia marcita, aver eretto un cancelletto di legno, non aver dato la tonalità regolamentare alle imposte,  aver coperto la serra dei fiori con una plastica o vetrata di sfumatura di colore non consentito – aver creato una serra per i fiori. Ciò nel grossetano soprattutto, terra già celebre per i taglieggiatori di passo, ma anche nel senese.

La Toscana è ingorda di tasse, su passanti e forestieri. I soprusi con i non residenti giustifica con la protezione ambientale. Alla quale però sfuggono le licenze di cementificazione, con villette a schiera e anche multipiano. Nelle valli e anche sui poggi, con vista - si sa che l'ambiente ne è ghiotto. 

Mezza Italia, nelle zone boscose, in quelle montuose - nelle Prealpi anche agglomerati urbani importanti – e perfino al mare, dove gli esercenti dei bagni non hanno aderito alle reti wi-fi o ne sono usciti, ha difficoltà a connettersi. Con danni anche importanti, ora che è invalso l’uso di Internet, con la banca, con i fornitori, e anche con lo Stato, il fisco, l’Inps, i Comuni, il Catasto e ogni altra istituzione. Perché la rete è stata lasciata agli operatori telefonici, che servono di preferenza le aree più intensamente abitate.
Si fa come se l’Italia fosse immobile, nessuno si muovesse, per lavoro o anche soltanto per piacere o per la salute, o per un impegno qualsiasi.

La connessione privatizzata penalizza gli utenti anche per il motivo che gli operatori spesso si scambiano le torri con segnale. Una zona remota, o boscosa, o scarsamente abitata, prima servita da Wind, lo è ora da Vodafone o da Tim, ma il residente stesso, nonché il viaggiatore, non può cambiare operatore  a ogni passaggio di proprietà delle torri col segnale. È così che l’iperconnessa Italia, quella che più di tutti parla e legge al telefonino,  figura non connessa.

Una rete nazionale di connessione via cavo era stata avviata in anticipo su internet, quando si aprlava di “città cablate”, di capacità  di “trasporto” via cavo moltiplicata all’infinito, dalla Stet-Sip col progetto Proteo. Poco meno di trent’anni fa. Ma la Stet-Sip andava privatizzata, e il progetto fu fermato, come ogni altro investimento da parte dell’ex operatore pubblicio, che era all’avanguardia. Le varie proprietà private che si sono succedute a Telecom-Tim si sono solo occupate di incassare l’ipertrofico abbonamento al fisso, e di arrotondare con i margini della fatturazione.  

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