Alcide esce dalla
macelleria scuotendo la testa. I loro prodotti, dice, sono troppo sofisticati
per essere venduti a gente incolta. Ma Ernesto non ci rinuncia. Salta fuori
dalla decapottabile. Con un cenno del capo invita sor Mario, il macellaio, nel
retro, la grande cella frigorifera con i quarti appesi. Spiega che la pensione
e il vitalizio convengono perché sono inattaccabili: se anche sua moglie
scoprisse le sue fraschette non potrebbe metterci le mani sopra. Il macellaio
obietta che a sua moglie non gliene frega nulla, e che comunque non sa nulla.
Ernesto gli fa capire che potrebbe non essere così: troppi malintenzionati in
giro, fregnoni, avvocaticchi, le stesse ragazze, che hanno interesse a rovinare
un onest’uomo, e lui ha due figlie oltre alla moglie.
- È come essere
accerchiati – spiega - ma l’autostrada è libera. Bisogna lasciarsi sempre delle
vie di fuga aperte. - Sor Mario capisce e sottoscrive le polizze. Ernesto lo
consola: dopotutto ha fatto un affare. E si prende l’ammirazione di Alcide.
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