Condoglianze di massa per la
morte di Zeffirelli, che pure non era ingombrante ed è morto come sempre
discreto, a 96 anni. Molti non sapevano nemmeno che ancora vivesse, ma molte lacrime si son o esibite e perfino “speciali”, sui giornali e in tv. Sulla
vita e le opere. Cioè le sue messe in scena. Di santi e di Shakespeare. E una
vita castigata, che non faceva pesare la sua omosessualità – di grande
discrezione insomma, oltre che di ingegno. Con un solo neo: il cruccio di “non
essere amato dalla critica”, “l’incomprensione della critica”, “il rimprovero di
essere fuori del proprio tempo”. Mentre non è questa la verità, poiché i suoi
spettacoli funzionavano, avevano pubblico - a qualcuno non piacevano, è pure ovvio, a molti sì.
La verità è che Zeffirelli non
era e non si fingeva Pci, come era d’obbligo – a differenza per esempio del suo
pigmalione Visconti. Anzi si dichiarava piuttosto anti. E questo è ancora
imperdonabile. Mezza letteratura, mezzo mondo del cinema e dell’arte ha vissuto
la Repubblica sotto questo stigma, il mancato allineamento, la piccola Gleichshaltung togliattiana, e l’anatema
ancora dura.
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