Una novella tutta al femminile,
su una clinca di lusso create da investitori ardimentosi e avidi per la produzione di figli in surroga. Con molto
razzismo sottostante. Quale si presume dell’avida finanza – Ramos è un’americana
di origine filippina ex redattrice di “The
Economist” a Londra e poi banchiera d’investimento. Ma anche tra donne.
Me You, giovane imprenditrice
cinese laureata alla Harvard Business School, gestisce la clinica in un’ottica
di “sviluppo”: più nascite, più care. Con madri possibilmente “non nere”, che incentiva
meglio. Non cattiva: alla fine prenderà una filippina, madre surrogata per
bisogno che però non è riuscita a risolvere il suo problema, come bambinaia di
suo figlio, fornendola di un alloggio dove potrà crescere la sua propria figlia
senza doversi più “affittare”.
Un “caso” più che un racconto,
anche se diversi destini femminili si intersecano. Di uno squallido
supermercato della generazione umana, benché costoso. Proposto come un caso di “lotta
di classe femminile”, nel ventre della donna. Ma attraente come una sorta di futuro
tra noi, o di un’umanità comunque prossima
futura, dei ricchi che si pagano i figli. Una “Guerra dei mondi” autogena, per
disseccamento.
Joanne Ramos, The Farm, Bloomsbury, pp. 336 € 14,55
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