La dottrina era il suo vero
inciampo, e su qeusto verté l’interrogatorio: “Come sa di lettere costui, se non
le ha studiate?”. Campanella si difese con un detto di san Girolamo, sui suoi
studi anche di notte: “Io ho consumato più d’olio che voi di vino”.
Fu assolto questa prima
volta, senza tortura. Ma molti altri processi subirà fino al 1605, di cui Firpo fa gustosi e terribili resoconti
nel primo contributo di questa raccolta di saggi campanelliani, quello che dà
il titolo al libro, un centinaio di pagine. Giudicato da ultimo per la presunta
congiura antispagnola e la creazione di una repubblica-città del sole in
Calabria. Non condannato, ma lasciato a languire per trent’anni nelle segrete
napoletane – un trattamento che incuriosirà pure Marguerite Yourcenar, che ne
scrive in “L’opera al nero” e altrove.
Per la congiura subì la tortura.
Dapprima blanda, una sospensione per le ascelle di mezz’ora, infine la
“veglia”: 40 ore da passare appeso alla fune con le braccia slogate. Dopodiché,
se il torturato sopravviveva, era considerato inattaccabile: non poteva essere
eretico. Campanella fece di più: sopravvisse, e poi si finse pazzo, perché i
pazzi non etrano “giustiziabili”. Ma si fece trent’anni di carcere.
La nuova raccolta di testi di
Firpo su Campanella, che Eugenio Canone ha curato in memoria dello studioso
torinese (morto nel ), testimonia, oltre che vicende storiche di estremo
interesse, anche un impegno
intellettuale ora raro. Con ricerche di archivio instancabili. Anche dopo
faticose richieste di permessi speciali, perché pare che sia difficile accedere
alle carte dell’Inquisizione su Campanella, e deve proninciarsi lo stesso papa.
Un Campanela a tutto tondo,
fuori dall’aneddotica – il suo motto più famoso è, dopo la “veglia”, rivolto al
carceriere che gli ha ridotto le slogature, “una frase triviale e proterva: «Si
pensavano che io era coglione, che voleva parlare?»”. Campanella è autore,
spiega Firpo, di “più di cento lavori, qualcosa come trentamila pagine”. Di cui
però lo stesso Frpo riesce a individuare un’ispirazione e una resa unitarie
malgrado la molteplicità degli interessi e delle riflessioni, tra poesia, storia,
utopia, scienza, politica., esegesi. E nella biografia che poi non ha scritto –
ma percorre la sua cospicua bibliografia campanelliana – gli trova “una coerenza
di fondo”: “Al di là del suo pensiero e dell’opera tanto ricca e varia, egli resta
per l’Italia un raro esempio di tempra morale, un ruvido carattere
inflessibile”, scriveva su “La Stampa” il 5 settembre 1968, per i 400 anni anni
della nascita dello stilese.
Liuigi Firpo, I processi di Tommaso Campanella,
Salerno, pp.348, ril. € 24
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