L’autrice di “Un matrimonio americano”
propone questa idea del classico: una lettura per tutti. Lo identifica come un
museo, su scalinate di marmo che conducono a colonne monumentali, ma vorrebbe –
immagina, non costa – che fossero “distribuiti in giro per il mondo, alla
ricerca del proprio destino tra i popoli della terra, avvolti in anonimi fogli
di carta da pacchi, senza alcun riferimento storico o letterario”. Il “classic”
sradicato insomma, Odisseo come Robinson Crusoe.
C’era una volta la cultura
che si voleva tradizione e radici, storia, filologia, che ora si riduce a
curiosità. E ringraziare, la lettura si potrebbe benissimo limitare al bestseller. O a facebook, instagram, whattpad.
Dopo la scuola, certo, per tenere i bambini mentre i genitori lavorano, con un
programma di alfabetizzazione, minimo.
Tayari Jones, Perché l’Odissea è il mio classico,
Festival Letterature di Massenzio
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