lunedì 24 giugno 2019

Il giallo dell'occhio clinico

“Holmes, Dupin, Peirce” è il sottotiolo, di una collettanea, con saggi di Bonfantini, Caprettini, Ginzburg, Harrowitz, Hintikka, Proni, Rehder, Truzzi e Umiker-Sebeok, oltre che di Eco e Thomas Sebeok. La semiologia del giallo, che non è semplice.
Il titolo, spiega Eco in apertura, allude al “Segno dei quattro”, fanoso racconto di Sherlock Holmes, e al Castello delle triadi incrociate. Che Sebeok spiega in aperture: “I numeri magici e i suoni persuasivi” di Congreve, specie il tre e i multipli di tre, “tormentarono alcuni dei vittoriani più brillanti”. Per esempio Conan Doyle. Ma anche il professor Peirce, il logico matematico americano. Non una novità: “Lo stile di pensiero numerologico è stato applicato a lungo e estesamente, almeno a partire da Pitagora” – si risparmiano i “triadici” qui elencati (chi non lo è stato?). Ma Peirce ci innestò la semiotica, la scienza dei segni. Introducendo, accanto ai due procedimenti classici della conoscenza, induzione e deduzione, l’abduzione.
L’abduzione sarebbe l’intuito – Sherlock Holmes. I semiologi dicono di no, e lo stesso Peirce. Che però non va oltre “questo singolare istinto di indovinare bene”. O una “strana insalata… I cui elementi fondamentali sono la sua infondatezza, al sua onnipresenza e la sua attendibilità”. Thomas Sebeok e Jean Umiker-Sebeok aprono la raccolta con l’aneddoto di Peirce che ritrova a New York l’orologio, la catena e il cappotto che gli sono stati rubati, sfidando con l’intuito tutte le polizie, pubbliche e private.
L’abduzione, detta anche “retroduzione” o “inferenza ipotetica”, è propriamente il lavoro per ipotesi. Il metodo scientifico. Una forma di sintesi, la dice Eco, diversa dalla deduzione e dall’induzione, per inventare il futuro, tra i tanti possibili. È il “metodo” del giallo, e della diagnostica , compreso il vecchio occhio clinico. Deduzione e induzione Eco dice anche “travestimenti retorici espositivi” dell’unico meccanismo della scoperta, l’abduzione.
Una forma di volgarizzazione di Peirce e la semiotica. Non ristampata, in trent’anni. La disciplina stessa forse si è spenta, con Eco e Sebeok. Siamo in territorio infido, dove molto si può dire – male non fa. Lo stesso della “Poe-etica”, di Lacan e Derrida. Superbo, ma anche diminutivo: come fare con Sherlock Holmes la “fenomenologia di Mike Bongiorno” restando sotto il personaggio, il quale resta svettante e sfuggente. E tuttavia, quali che siano i destini della semiotica, e a dispetto della spessa concettosità di alcune esposizioni, una raccolta di saggi che si rincorre gustosa, le incommestibili “logiche” alternandosi con spunti di grande effetto, dalla numerologia alle “corna, zoccoli, scarpe” con cui Eco ipostatizza i “tre tipi di abduzione” – quali non è necessario esercitarsi a riconoscere, la logica è esercizio fine a se stesso. Di Ginzburg è qui il primo nucleo di “Spie. Radici di un paradigma indiziario”.
Umberto Eco-Thomas A. Sebeok (a cura di), Il segno dei tre

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