giovedì 27 giugno 2019

Ildegarda, la prima naturopata

Poetessa, musicista, badessa e fondatrice di monasteri, medico, naturalista, santa, Ildegarda di Bingen sul Reno, 1098-1179, consigliera ascoltata di papi e imperatori, è ora anche Dottore della Chiesa Universale. Papa Benedetto XVI, suo connazionale, lo ha voluto nel 2012 spiegando della sua opera che “per quantità, varietà e vastità non ha paragoni con alcun’altra autrice del Medio Evo” - un riconoscimento nazionale e anche di genere, alla donna.
Qui è riproposta la farmacopea di erbe medicinali, quali allora erano in uso, e anche oggi nelle erboristerie. Se ne fanno anche convegni di studio: a Stresa a ottobre si è tenuto il secondo convegno internazionale di medicina ildegardiana, della “prima naturopata”.
Ildegarda era la decima figlia, e per questo fu data in “decima” alla chiesa. Girovaga, malgrado l’obbligo regolamentare alla Stabilitas Loci, consigliera di quattro papi, due imperatori, Barbarossa incluso, il re d’Inghilterra Enrico II, Bernardo di Chiaravalle, e di margravi, vescovi, abati, ai quali scriveva dettando, a monaci che sapevano il latino, un Volfram dapprima, poi Gilberto di Gembloux, sorta di segretari, del convento maschile adiacente il suo. Devoti, ne trascrissero gli inni farciti di lancinanti verghe, copule, amplessi, amplessatori, di poesia odiernamente scabrosa nel repertorio di Rémy de Gourmont: “Oh virga ac diadema\purpure Regis”, invoca per la Madonna, o verga e corona\purpurea del Re. Nonché opere di edificazione, un bestiario di sorprendente bizzarria, e un inferno non turbato da vendette. Di cui pure non mancarono occasioni alla fondatrice di conventi, colpita d’interdetto alla soglia della morte, per gelosia, e per la debolezza dell’intima amica Riccarda von Stade, che la tradì.
La farmacopea è assortita da analisi cliniche di ogni sorta di disturbo, del corpo e dell’anima, che invece sono di poco uso, rinviando tutte agli “umori”, della depressione come della continenza, o incontinenza, intesa alimentare, dello starnutire, del raffreddore, di ogni sorta di disturbo. Resta comunque una testimonianza,  e anche una lettura di varie sorprese. Del concepimento. Del mestruo. Delle fecondità, eccetera. “I malinconici hanno le ossa grandi con poco midollo, che è tanto ardente da renderli incontinenti con le donne come le vipere”. Equini, li chiama, “sono libidinosi come gli asini”.
Una lunga minuziosa trattazione. Un’enciclopedia, la sola sopravvissuta dell’epoca. La fisica fa difetto – al meglio è astrologia, “I dodici segni”. Ma non quella “natural”, delle erbe se non dei quattro elementi.  Una raccolta tramandata da un solo manoscritto, di copista, in latino, con interpolazioni, rare, di alto-tedesco, trascritto e montato con disinvoltura, che la curatrice e traduttrice Paola Calef ha portato in piano.
Si apre questa riedizione con la prefazione alla prima pubblicazione, nel 1997, di Angelo Morino, l’ispanista. Curiosa perché in chiave anticlericale, e per questo riduttiva della personalità di Ildegarda. Che non è una donna d’ingegno e di potere, ma una strega, che l’ha scampata.
Un indice dei paragrafi, dei malanni, avrebbe fatto grande lettura.
Ildegarda di Bingen, Cause e cure delle infermità, Sellerio, pp. 397 € 14

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