mercoledì 19 giugno 2019

La felicità di Camilleri

La raccolta “a futura memoria” nella quale l’editore aveva radunato sei anni fa molti dei testi dispersi di Camilleri, fra giornali, riviste, convegni, prolusioni, lectio magistralia per le lauree honoris causa”, riedita in economica – la raccolta più indicativa e di miglior livello. Ricordi, riflessioni, anche in forma di saggio, specie le spericolate escursioni linguistiche, in occasione delle lauree, spunti, polemici e non, e qualche invenzione. Ma poi sempre il sottofondo di Camilleri è favolistico – “un contastorie”, come Carlo Bo lo definì, ricorda con orgoglio.
Di aneddotica inevitabilmente egocentrica, ma va bene lo stesso. Anche nel name dropping, gli accenni a grandi personaggi in qualche modo accostati, Robert Capa, Savinio, William Wyler. Un po’ meno professando il genere simpaticone, alla Montanelli. Capace di scrivere 25 pagine di contumelie sull’“italiano”. Escludendosi. Senza sofferenza. Senza consistenza – il suo è un “italiano” forgiato da Berlusconi, “sotto il mantello protettore di Craxi”. Ma in molte pagine non tutto può essere oro.
Talvolta non è indulgente, anche con se stesso. Molto ritorna il fascismo, la memoria di gioventù. Molto anche Pirandello, compaesano. Il rapporto con Sciascia, un’amicizia si direbbe di secondo grado, non intima, Camilleri non è fra quelli che lo chiamavano Nanà, dice molto sullo scrittore di Racalmuto. Con la “storia” del separatismo siciliano. Sempre irrispettoso con i Carabinieri. Con l’elogio, raro, di Guglielmo Petroni. E con alcune pagine “geniali”, sui colori cangianti di Roma, sulla Sicilia che era e non è più.
Al solito contestabile in tante certezze. La rivoluzione è giovane, dice sull’onda delle primavere arabe, ma è furibondo con la gioventù che governa l’Italia. Sempre felice, che non è poco.

Andrea Camilleri, Come la penso, chiarelettere, pp. 340 € 12


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