giovedì 6 giugno 2019

La religosità dei greci, elementare

Il catalogo della mostra che oggi chiude, che la soprintendenza di Ioànnina, in Grecia, col patrocinio dell’università di Salerno, ha organizzato al Museo Archeologico di Reggio Calabria sull’oracolo di Dodona, diventa un testo di riferimento per il tracciamento della linea Magna Grecia-Grecia-Egitto per quanto concerne  i culti misterici, soprattutto quelli femminili.
Tutto è segno. La quercia che è il luogo dell’oracolo, protetta da una ringhiera metallica rotonda, che una serie di lebeti in bronzo decorano. La ringhiera e i lebeti. La foglia: la forma, . il colore, il fruscio. Il vento e ogni suono, compreso del bronzo dei lebeti. La fiamma dei lebeti, la luce.
L’oracolo era all’origine una quercia, un bosco sacro – e tale si presentava quarant’anni fa, prima che si procedesse agli scavi per la ricostituzione dell’area sacra. Gli edifici sono posteriori, per la necessità di ospitare i pellegrini. La documentazione portata da Ioànnina, specie le lamine in cui si incidevano i quesiti posti alle divinità, testimonia un sorprendente vuoto. O una religiosità d’accatto: la credulità fondamentale della Grecia, la stessa che inventò il logos, la ragione. Una voglia di divino, forse, ma espressa in una sensibilità minuta, delle piccole cose . a meno che la religione non costeggi la superstizione. Le lamine venivano perfino riutilizzate, per risparmiare – a Locri questa pratica era proibita, e e le domande, incise invece che su lamine su piastrine di terracotta, venivano frantumate dopo la risposta.  
La mostra e il suo catalogo costituiscono il primo collegamento di tale sensibilità con quella magno-greca. Di cui spiegano o illuminano molte persistenze: il culto mariano (i culti femminili), la sensibilità religiosa “istintiva”, come per imprinting, la disposizione pànica. E in specie per la Calabria, considerata la localizzazione di Dodona, in una zona interiore dell’Epiro montagnoso, anzi “sotto il monte”, analoga a quella di Polsi, la Madonna della Montagna al centro dell’Aspromonte, un luogo remoto e chiuso, lungo il corso d’acqua sotto il monte, un parallelismo che potrebbe fare del santuario aspromontano il luogo di culto con più continuità.
Il rettore di Salerno, Tommasetti, vede in Alessandro il Molosso e Pirro, i due re epiroti partiti alla conquisa dell’Italia (presenti in mostra con le copie in tre D, messe a punto dalla Real Academia de San Fernando di Madrid, dei busti ritrovati nella villa dei Papiri a Ercolano), quelli che “hanno percorso le terre dell’Italia meridionale e consolidato le relazioni tra le due regioni vicine del Mediterraneo”. Fu proprio cosi? Il Molosso e Pirro hanno fallito, l’invasione dell’Italia è sempre venuta dal Nord. Ma la storia si può riscrivere, è aperta a tutte le soluzioni.
Carmelo Malacrinò-Kostantinos I. Soueref-Luigi Vecchio, Dodonaios, MArRC Cataloghi, pp. 355 ill., € 45


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