Si
sono abolite le province , sostituendole con i consigli metropolitani o altre
istituzioni che nessuno conosce né sa come farle funzionare. Abolendo con
questa magnifica riforma, ormai da quattro anni, il mantenimento delle strade e
le scuole, e l’assistenza ai ceti deboli. Poi dice che gli italiani votano
contro le riforme: l’indigenza è dello Stato. Ma nello Stato del Parlamento, pieno di analfabeti politici (per
non dire di amministrazione). Che fanno leggi
di cui non conoscono la portata, e non le dotano dei necessari
regolamenti di applicazione.
L’amministrazione
in particolare è abolita, la Funzione Pubblica. Buona e cattiva. Non si nemmeno
più che cosa è: come spendere, quando, dove, cosa. Si commissariano in compenso
i Comuni nel nome della buona amministrazione, quando invece si sa che è
mefitica e luciferina, distruttiva: diciotto mesi di commissariamento, che il
Comune deve pagare svenandosi, e una città, un paese, non si riprendono per
dieci anni, dalle buche ai tombini intasati, alla spazzatura e agli abusi. Giusto per la carriera degli
impiegati delle prefetture. Che sembra assurdo, e lo è. Ma è vangelo.
È
la maledizione del novismo. Su butta giù il vecchio, dicendolo corrotto. E si
mette il nuovo, che altrettanto corrotto, a Roma e a Molano, tra i 5 Stelle e
nella Lega, e per di più ignorante. Poi si
dice l’identità: l’identità è la stupidità – si vorrebbe dire mascalzonaggine,
ma è stupidità.
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