Un soggetto di miriadi di rappresentazioni nella
colonia locrese, e nelle sottocolonie di Medma (Rosarno) e Ipponion (Vibo
Valentia). In tutte le forme e per tutti gli usi, e più di tutto nelle pinakes, tavolette votive quadrate di
argilla in bassorilievo, all’origine colorate, che furono produzione di Locri per
un secolo e mezzo, in serie, circa settemila ne sono state censite, con 170 scene
circa ripetute. Una produzione votiva a
Persefone, doppiata da quella a Ade.
Il culto fu consistente anche
in laminette, talora in oro, che si ritrovano nelle sepolture di chi in vita era
stato iniziato ai misteri, collocate sulla bocca del defunto. Con descrizione
in genere di un paesaggio infero spettrale e l’indicazione di un percorso,
solitamente tortuoso, che il defunto deve seguire per la salvezza., talora
molto poetico.
Un culto molto diffuso anche
in Sicilia – che per molti autori è essa stessa dono di nozze a Persefone da parte
di Zeus. Ma a Locri con una particolarità: Madre e Figlia sono separate nel
culto. Locri ospitava anche un Persefoneion, un tempio, considerate “il più
famoso della Magna Grecia” secondo Diodoro Siculo. Ma non vi si venerava
Demetra, che aveva un suo proprio
santuario – decentrato, quasi fuori dal recinto urbano.
Nessuna
menzione nella mostra – quaeta non movere?
– invece della Persefone più famosa dell’attualità. Il Persefoneion, il grande
santuario, era anche un grande luogo di furti, famoso pure per questo. Da
ultimo lo sarà a fine Ottocento, col trafugamento della grande statua di Persefone,
che da allora fa l’attrazione dell’Altes Museum di Berlino – Corrado Alvaro ne fa
il racconto in “Mastrangelina”. Fu tagliata a pezzi e trafugata dalla località La
Moschetta (mesquita) nel 1911 da trafficanti tedeschi. Che poi la
vendettero allo Stato Prussiano a caro prezzo. Legalmente, si dice, allora si
potevano “esportare” i beni culturali, seppure non a pezzi e di nascosto. Ma in
contanti: il museo berlinese non ha alcuna pezza giustificativa dell’acquisto.
Quello di Ade e Persefone è
anche il culto eleusino, dei miseri celebrati a Eleusi. Di cui nulla si sa,
solo supposizioni. Tra le quali la più aderente sembra quella di Simone Weil, “Forme dell’amore implicito
di Dio”: “La tendenza naturale dell’anima di amare la bellezza è la trappola
più frequente di cui si serve Dio per aprirla al soffio che viene dall’alto. È
la trappola in cui cadde Core. Al profumo dei narcisi sorridevano tutta la
terra, la volta del cielo e il turgido mare. Appena la povera ragazza tese la
mano, fu presa al laccio. Era caduta nelle mani del Dio vivente. Quando ne
uscì, aveva mangiato il chicco della melagrana che la legava per sempre. Non
era più vergine; era la sposa di Dio”.
Nel “Quaderno X”, ancora Simone Weil si interroga: “Se Core (Persefone)
rappresenta veramente il chicco di grano, è una figura del Cristo”. Core
poi accosta, nello stesso “Quaderno”, alle altre prefigurazioni del Cristo,
Prometeo e Dioniso: “Le Oceanine sono compagne di Core come di Prometeo. Core è
rapita nella pianura di Nisa, dove fu rapito Dioniso”. Nonché a Osiride, per
l’equivalenza-discendenza che stabilisce fra i misteri egiziani e quelli greci
e cristiani, uniti nella Passione, la Passione di Dio: “La Passione di Dio era
l’oggetto stesso dei misteri egizi, e così pure dei misteri greci, in cui
Dioniso e Persefone sono il corrispettivo di Osiride”. E ancora: “Tutte le
divinità morte e resuscitate impersonate dal greco, Persefone, Atti, ecc., sono
immagini del Cristo, e il Cristo ha riconosciuto questa somiglianza attraverso
l’espressione: «Se il grano non muore… ». Ha fatto la stessa cosa rispetto a
Dioniso dicendo: «Io sono la vera vite», e ponendo l’intera propria vita
pubblica sotto il segno di due trasformazioni miracolose, una dell’acqua in
vino, e l’altra del vino in sangue”.
Da Core viene generato Zagreo, aggiunge S.Weil, che fu grecista accreditata – “zangrei” sono tuttora in grecanico i
pastori: “Zeus è diventato drago per generare Zagreo da Core mediante un
bacio”.
Carmelo Malacrinò-Ivana
Vacirca (a cura di), Ade e Persefone,
signori dell’aldilà, MArRC pp. 110 ill. € 10
Nessun commento:
Posta un commento