L’argomento di Euripide era più
vasto, “Le troiane” essendo parte di un trittico, con un “Alessandro” e un
“Palamede”. Alessandro era Paride, esposto da Ecuba alla nascita per
scongiurare un oracolo che lo voleva causa di guerra, salvato e cresciuto da un
pastore: un dramma sulla crudeltà degli dei. “Palamede” era, sempre a giudicare
dai frammenti residui, la storia del giovane condannato a morte per tradimento
dal cattivissimo Odisseo e il cialtronesco Agamennne sulla base di un falso
documento, colpevole in realtà solo di avere smascherato la falsa follia di
Odisseo, che si fingeva pazzo per non andare in guerra: l’ennesima denuncia
della storia nazionale. Ma anche così, come dramma unico, “Le troiane” non è
quello che sembra.
La guerra è crudele, crudelissima.
Ci sono scene terribili contro la guerra. La divisione delle donne superstiti
tra i vincitori come schiave – perfino Ecuba, vecchia e sola. Astianatte, il
bimbo di Andromaca e Ettore, viene ucciso dagli Achei per evitare che possa un
giorno vendicare il padre – il corpicino viene restituito a Ecuba per il rito
funebre. Troia viene data alla fiamme. Ma non ci sono innocenti. Ecuba sarà implacabile
contro Elena, di cui vuole insistente la morte – uno degli acme della tragedia:
ricordi amorevoli e lodi esagerate del figliolo Paride, vendetta contro Elena.
Euripide è questo. Ma questa
lettura siracusana si vuole femminile – femminista – e antibellica, e il dramma svanisce. In una perorazione. Ora
anche politicamente corretta, e un po’ lagnosa: sveltita dalla traduzione di
Alessandro Grilli, ma monotona. Taltibio, che in Euripide ha un ruolo denso,
tra la pietà e l’indignazione, parla e agisce in Paolo Rossi come un semplice
commesso degli Achei: deve solo portare via le donne schiave, e incendiare la
città. Il coro, che in Euripide ha molte
parti di contrappeso, è un intermezzo. Elena una bizzarria, troppo colorata nel
grigiore, troppo combattiva nella rassegnazione.
Una rappresentazione al teatro
Greco è comunque suggestiva. Non ultimo per il volo delle rondini, che a ondate,
agli scoppi finali che simulano l’incendio della città, abbandonano i nidi, si
presume in fuga, ma sorvolano la cavea serene in formazione – ci sono ancora
rondini in Italia.
La tragedia è (Savinio) “rappresentazione di
uomini moralmente superiori”. Forse Euripide non è un tragico, è un drammaturgo
moderno, “borghese” – incredulo.
Euripide, Le Troiane, Teatro Greco, Siracusa
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