“Quadrare il cerchio”, il
titolo lo spiega lo stesso Pedullà nella Nota redazionale. “In principio fu
Savinio, che oppose l’ordine quadro al cerchio”, una conoscenza plurale a una
unica e assoluta - “il cerchio è ripetitivo,
il quadrato è innovativo”. Il mestiere del critico è per natura circolare, conclusivo,
ma Pedullà prova a quadrarlo e ad aprirlo. A fare di fatto della stessa
funzione critica una narrazione – narrazione di narrazioni. Non una novità, si
pensi a Debenedetti, il maestro di Pedullà, ma già a De Sanctis, e non
un’eccezione, ma in questo caso singolarmente viva - parliamo di testi che
hanno trenta, quarant’anni di vita. Quando si farà la storia letteraria del
Novecento non si potrà non tenerne conto. Baudelaire e Carlo Dossi presagivano
un Novecento all’insegna del riso – lo humour, il gioco, la follia – e Walter
Pedullà è sulla loro lunghezza d’onda. Scrive divertito e divertente, come gli
autori che ama, anche quando la sintesi o il senso sono ardui o legnosi. Che
cos’è il riso non è un tema, è la materia.
Ma c’è in sostanza nella raccolta,
come in tutto Pedullà, per un trentennio critico “militante”, cioè quotidiano, oltre
che contemporaneista alla Sapienza in corsi affollati, tutto il Novecento. Meno
alcune esclusioni illustri: Pasolini, Moravia, Morante le principali, ma anche
Primo Levi, Soldati, Buzzati. Con gli amatissimi Svevo, Palazzeschi, Gadda,
Savinio, Bontempelli, Pizzuto – manca, nella categoria, D’Arrigo. Col fratello
maggiore Gesumino, “filologo e
partigiano”, e alcuni “amici e compagni di strada”: Pagliarani, Roncaglia,
Bilenchi, Bertolucci, Pontiggia, Ripellino, Zavattini – l’assenza, nella
categoria, è di Malerba, mentrte ci sono i poco praticati Flaiano e Frassineti.
Attorno a Gesumino, a cui viene
dedicata la scuola media di Siderno, il paese natale, un forte racconto
familiare è costruito. Sul padre, sarto di paese, uomo di equilibrio e
saggezza, nonché di grande capacità nel mestiere, che, benché smoccolasse
proverbi più dei “Malavoglia “ di Verga, assurge al rispetto della cittadina,
da “mastro” passando nell’opinione a “don”. Della madre maestra, sposa a sedici
anni, madre di sette figli, di cui cura soprattutto l’apprendimento, la
costanza nello studio, alle superiori e all’università, benché negli anni
1940-1950 le strutture in Calabria fossero poche e diperse. Del fratello maggiore
Gesumino, il vice-padre come lo vuole l’habitus mentale locale, uomo di tutti i
saperi, filologici e matematici, confinato per antifascismo dal liceo di Locri
a quello di Alatri nel frusinate – dove però non demorde, gli sarà intitolata a
fine guerra la sezione locale del Pci. Una miniera di aneddoti, edificanti o
anche solo comici. Con gli inglesi liberatori del maresciallo Montgomery, che
si presentano a Alatri col gonnellino dei reggimenti scozzesi, e sono di
colorito scuro, finiranno per intendersi in sanscrito. Gesumino muore mentre
torna a casa, per il tifo contratto fra gli stenti e il gelo in montagna,
fiduciario del Cln per i monti E rnici.
La storia familiare è
l’inedito maggiore della raccolta. Che meriterebe un destino distinto – con minime
revisioni: spontanea, si vede commossa, e poco corretta, anche ripetitiva. Ma un
forte racconto, alla maniera ormai classica di Gay Talese , “Onora il padre”, in
cui l’umile realtà quotidiana, del mestiere, delle abitudini paesane, degli
assetti sociali immobili, unico sfogo l’emigrazione, assume rilievo epico e
tragico – per una volta non umoristico (cioè no, anche lo humour è serio?).
Walter Pedullà, Quadrare il cerchio, Donzelli, pp. 476
€ 19,90.
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