Amore – L’amore in
chat è genere diffuso, molte le relazioni, anche i matrimoni. Di modello però
unitario, rispetto alle altre infatuazioni: un coinvolgimento iniziale con una forte
accelerazione, anche senza ragioni specifiche, che normalmente non resiste al
primo incontro fisico. Odori, tonalità, vezzi, modi, senza escludere qualche
progetto delittuoso, allontanano, separano. Una conferma che l’amore è
soprattutto immaginazione. Anche reciproca.
Che si esercita ovviamente meglio a distanza : l’amore in chat ripete,
arricchito dalle pose fotografiche, le vecchie relazioni-infiammazioni epistolari.
“L’amore
somiglia a degli esercizi di nuoto con un salvagente: facciamo come se l’altro
fosse il mare che ci porta. E perché diventa per noi così prezioso e
insostituibile quanto la nostra patria d’origine è altrettanto inquietante e sconcertante quanto l’infinito”. – Lou Andreas-Salomé,
“Ma vie”, p. 32.
Id.
p. 33: “Si distingue nel discorso l’Eros che ci conduce – e l’erotismo che ci
seduce; la sessualità come luogo comune e l’amore come emozione che abbiamo
tendenza a tacciare di «mistica»… Questo dono perfetto che è un erotismo
armonioso non poteva che toccare agli animali. Solo essi conoscono, al
contrario degli uomini il cui amore si fa e si disfa in funzione dei conflitti,
questa regolazione che si manifesta del tutto naturalmente nell’alternanza tra
fregola e libertà. Noi soli viviamo nell’infedeltà”.
Dio – Anche
ipotizzandolo sotto forma di “perdita”,
o di “mancanza”, non è meno ingombrante o presente.
Una “curiosa prova di Dio” è quella di Lou
Andreas-Salomé, nell’autobiorafico “Ma vie” (“Sguardo sulla mia vita”), come
“rispetto”: “Contro ogni logica, devo confessare che qualsiasi forma di fede,
anche la più assurda, sarebbe preferibile al fatto che l’umanità perda ogni
rispetto”, p.23 - “Rispetto” sarà una canzone di
Aretha Franklin, ma questo non vuol dire. .
Essere - “Siamo tutti
poeti, molto più di quanto non siamo essere ragionevoli; ciò che siamo nel senso più profondo, in quanto
poeti, sorpassa largamente ciò che siamo
divenuti – questa non è una questione di valore, è molto più profonda e si
situa nella necessità imperiosa in cui
l’umanità cosciente si trova di analizzare ciò che la porta e deve permetterle
di tentare di orientarsi” - Lou Andreas-Salomé, “Ma vie”, 32.
Libertà – “La parola
libertà esprime anzitutto una tensione violenta, forse la più violenta di tutte.
L’uomo vuole sempre andare più lontano e, quando non sa il nome di questo
altrove che l’assedia, impreciso al
punto che non può distinguerne i contorni, lo chiama libertà” – Elias Canetti,
“Il libro contro la morte”, 23.
Maternità – È atto
fisico, privilegio della donna – “la grande salute della donna la spinge a
trasmettere la vita, anche quando l’istinto non è divenuto personale al punto che
essa voglia coscientemente far rinascere in sé l’infanzia dell’uomo che essa desidera”
– Lou Andreas-Salomé, id. 34. È creazione, atto divino. “Ciò che è più
sconvolgete quando si genera un essere umano non proviene da considerazioni
morali o volgari, ma dal fatto che questo ci fa passare dallo stato di
individuo a quello di creatura, che questo ci priva radicalmente di ogni decisione
personale, e questo nel momento più creatore della nostra esistenza”.
È anche atto produttivo – “bocche
da sfamare”, “braccia da lavoro”. Ma solo per il materialismo scientifico, che
forse è una parentesi della storia, breve. Con la surroga, invece, che si presume
durevole, lo diventerebbe definitivamente. In attesa della riproduzione
artificiale, con l’estinzione dei mammiferi.
Mètis – Tra prudenza
e perfidia, era il linguaggio degli dei e degli eroi prima del logos. Il linguaggio dell’epoca orale,
la filologia concorda. Ma non della conoscenza pratica, manuale: è già qualcosa
di più, che si direbbe destrezza.
Ma
era un linguaggio di tutti, anche degli emarginati? No, di Zeus, il re degli
dei, che appunto fagocita la moglie Mètis, la figlia di Oceano e Teti, prima di
“partorire” Athena. E di Odisseo, polimethys.
Omero nell’“Iliade” dà parecchi esempi in tal senso al canto XXIII: “Per mètis più che per forza eccelle il
boscaiolo. È per la mètis che il
pilota sul mare spumeggiante guida rapida la nave, a dispetto dei venti. È per
la mètis che l’auriga può superare l’auriga”.
Era
il linguaggio dei portenti e dell’immaginazione (i giganti della Bibbia), prima
della ragione raziocinante. Sarà il linguaggio
del futuro, ? Via il terreno neutro, o la tabula rasa storica e culturale, della
rete?
Occidente - È un building culturale, una cultura. Nella
tradizione cosiddetta “classica”, greco-latina-cristiana. Che è durata perché,
si dice, “la storia è stata occidentale”, dominata cioè negli ultimi duemilacinquecento
anni dalle potenze di questa filone culturale. Ma è nozione disgiunta dal
potere, dall’imperialismo. Si è visto e si vede in varie derive storiche
all’interno dell’Occidente sicuramente non occidentali, da ultimo la guerra o
mobilitazione totale, la Shoah, Hiroshima. Si vede oggi nel paese “occidentale”
per eccellenza, gli Stati Uniti, nel senso che prolungano l’impero occidentale,
dove però la cultura non viene più collegata a una tradizione. Non da dagli ultimi
movimenti afroamericani, dapprima invece orgogliosi essi stessi della
“tradizione”, all’insegna del “politicamente corretto” e di “diritti storici”
da rivendicare. E di più dalla comunità latina, che pure si sarebbe pensata più
radicata nell’Occidente attraverso i cordoni ombelicali iberici. Sempre per lo
stesso revanscismo postcoloniale, ma con un di più di misconoscenza – non di
negazione, proprio di ignoranza, non colpevole.
Paternità – “Sommamente
giusta, benevola, ferma e forte è la paternità” – Ildegarda di Bingen, “Cause e
cure delle infermità” p. 42. Per questo assimilato a una ruota – “integro come
una ruota”: “La ruota è in qualche luogo ed è piena di qualcosa, altrimenti, se
non avesse altro che il cerchio esterno, sarebbe vuota”.
È
padre per la santa del secolo XII Dio, ma “in virtù della sua bontà”: “Il suo essere padre è colmo di bontà”.
Svanisce la paternità per la tecnica riproduttiva, il ruolo maschile
riducendosi alla produzione del seme? O perché non c’è più bontà – bisogno di
bontà.
Era vir, vires (da vis, forza), virescere, viridis, virer: un richiamo al vigore, alla virilità, alla capacità di generare. E seme - di cui non riesce (per ora) la sintesi.
zeulig@antiit.eu
Era vir, vires (da vis, forza), virescere, viridis, virer: un richiamo al vigore, alla virilità, alla capacità di generare. E seme - di cui non riesce (per ora) la sintesi.
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