È l’ora del rientro. Melinda, mezza punkie mezza grunge, jeans
scuciti ma collanti, capigliatura folta, brillantino all’incisivo, lo guarda
dal balcone, nel palazzone di dieci piani. Una vecchietta semicieca gli
intralcia il passo. Leandro la butta giù col rovescio della mano, le strappa la
borsetta, il portamonete... No, le sorride mellifluo, piegandosi in due, le
indica la direzione per attraversare. Fa per entrare nel portone, guarda
l’orologio, guarda furbetto in su.
Melinda si ritira furente dal balcone. Butta per terra le pratiche
di Leandro. Scompiglia l’ordine meticoloso delle sue piantine. Si guarda e si
compiange. Leandro entra. La chiama, s’infuria, le dice “troia!” e “strega!”,
spazza via i soprammobili e le gioie, distrugge le foto in cornice... No,
entra a ritroso, una mano sugli occhi, fa “cuccu!” e “Dinda non ti muovere, il
tuo amore cieco ti ritroverà”. Si diletta di giochi di prestigio. Nel palmo
della mano sugli occhi tiene uno specchietto con-vesso con il quale guarda
all’indietro.
Melinda esce indispettita, sbattendo la porta. Leandro la insegue,
l’abbranca per il petto, “te le sgonfierò, queste zinnone!”, lei si divincola,
lui la placca sulle cosce, la butta giù sul pianerottolo, la prende a calci...
No, Leandro la cerca diligente in ogni stanza, incolpa il vento e il gatto,
raccatta le carte, rimette in ordine i vasetti e si appresta a fare la solita doccia
per “lavare via il lavoro”.
Al cancello della scuola attende il figlio, lo vede venire
prepotente, tormenta le ragazzine, obbedito dai ragazzini, un capo... No, il
bambino è alle sue gambe e aspetta che lei se ne accorga. Succede quando una
ragazzetta passa davanti e gli fa la linguaccia. Il bambino è magro,
tranquillo, con i denti grandi e la voce di naso. Non si dicono nulla, in
macchina fino a casa.
Leandro li aspetta al balconcino, con grandi saluti. Melinda accompagna
il bambino all’ascensore e lo lascia:
- Sali, adesso arrivo.
Ora sono stanchi tutt’e due. Hanno letto il giornale, visto i
cartoni animati:
- Ma quando torna la mamma?
- Non t’ha detto dove andava?
- No. Non credo.
Mangiano. Il padre dice:
- Sarà andata dal dottore.
Il bambino lo guarda:
- Da quale dottore? Mamma ha sempre un dottore.
È insolente anche la mamma di lei, cui lui si rivolge per avere
notizie:
- Sarà andata al cinema. Che vuoi che ci facciamo noi? È adulta,
siete adulti, datti una mossa.
Ma lei ha già telefonato alla madre che vuole tentare la sua strada,
con i Sexy War:
- Voglio cantare, voglio ballare, sono una show-girl. Non posso sprecare la mia vita con un marito inetto e un
bambino deficiente. – Lo ha detto mentre faceva l’amore furiosamente a un
ragazzo barbuto.
Quando lei si calma, lui si fa una canna. Lei lamenta la situazione,
il ragazzo la guarda perplesso. Lei ha deciso di andare via con loro:
- Farò la ragazza del gruppo. Il culo ce l’ho ancora. Le tette,
tocca. - Si abbassa per eccitarlo di nuovo.
Il ragazzo ne parla con un altro membro del gruppo. Entrambi non
sono contenti, ma l’amico infine conclude:
- Può servire. Lascia stare le spese.
Un anno è passato, i ragazzi ancora se la fanno a turno, ma di
cantare non se ne parla. L’unica incombenza che le lasciano è portare la roba.
Anche quella degli altri. E quando non è precisa prendere calci e pugni. Il
capo lavora con la droga, ne è corriere per via delle tournées, ricattato con la fornitura della roba e con i debiti.
Il bambino è in collegio. Dove irrobustisce il carattere. Fa dispetti alle madri che vengono a trovare i
figli. Quando viene suo padre i giorni di festa si annoia:
- Come si sta qua dentro?
- Non si sta male.
- Ancora per poco, vedrai, poi ci sistemiamo.
- Non ti preoccupare per me.
– Poi, quando torna la mamma…
- Ma la mamma non c’è più. - Anche la madre di lei lo insolentisce,
in quanto cornuto e incapace di tenersi una moglie.
Leandro vive solo. Per occupare il tempo vuoto si mette in politica.
Non avendo idee, è accettato. E malgrado la musoneria è corteggiato. Ma
l’attirano solo le donne decise e volgari. È stato testimone per strada di una
scenata tra una puttana di colore, forse brasiliana, e un protettore, o
cliente. Ne ha incamerato alcune espressioni, gesti e pose più che parole.
Quando le ragazze, molto per bene, al lavoro o in società, gli fanno la corte,
immancabile l’una o l’altra di quelle espressioni insorge, con sua
sorpresa.
Alle elezioni Leandro appare in televisione. Lei mugola irridendo.
Il capo ha all’istante un’idea: incastrarlo. Fa in modo che la roba consegnata
alla donna risulti diminuita di peso. Poi la minaccia:
- Ci vogliono cinquanta milioni. Stronza! Ci fai ammazzare tutti.
– E giù ceffoni e calci, la fa saltare come un cencio.
Il barbuto protesta. Il capo insiste:
- Quel linguetta ci può essere utile. Abbiamo bisogno di entrare
in politica. Senza protezioni resteremo alle balere. Niente Rai, niente soldi.
- Perciò la vuoi ammazzare?
- Si è divertita? Faccia almeno una cosa, faccia qualcosa. Non le
ho mica chiesto la luna, cinquanta milioni.
- Per lustrarti il culo.
- Ma è un modo come un altro per agganciarlo. Poi non potrà non
fare tutto quello che ci serve. Che gli chiediamo? Quello che tutti hanno dando
via il culo.
Lei l’aspetta al rientro al suo solito orario, coperti i lividi
col cerone, dopo un tiro che la fa stare in palla. Lui la sorprende: risponde
deciso, cattivo. Le parla come parlerebbe alla puttana brasiliana. Che è con
lui, e la sgama. La chiama drogata e finisce in rissa, col barbuto e il capo
che aspettavano all’angolo.
Il gruppo va dentro, lei in ospedale, in crisi di astinenza. Lui
le è vicino. Lei lo vede che si fa l’infermiera. Non proprio, la palpeggia, ci
prende appuntamento. E anche dopo, quando è in comunità per disintossicarsi. Lui
viene in visita, per scherzare manesco con le altre ragazze e le assistenti
sociali. Il figlio non c’è. Nessuno se ne occupa, né lui se ne preoccupa.
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