martedì 30 luglio 2019

Calvino Chesterston

“Volevo essere un Chesterston comunista”, p. 32 – “Chesterston voleva essere il Voltaire cattolico, e io…”. E ci riesce. Dispersivo, come il modello. E altrettanto caratterizzato, con un sospetto di volagerie - un Voltaire comunista è più impossibile di uno papista. Infine ripetitivo.
O questa è la sorte delle compilazioni postume, di scritti variamente dispersi, che il giornalismo nel Novecento moltiplicava, come oggi i social: la ripetitività. In una con la disinvoltura. Che è parte della “leggerezza” con la quale Calvino s’immortalerà, ma a volte è superficiale. Anche perché, benché lieve, Calvino va come un bulldozer: non si sottrae ad alcuna sollecitazione. La crisi del romanzo, perché no – nel mezzo della fioritura. La letteratura industriale. “Letteratura a sedere”. “Letteratura e potere”. “I modelli cosmologici”.
Sveglia è sempre l’intelligenza di Calvino, e stimolante. Ma dispersiva. Il romanzo sarebbe ottocentesco? Singolare è questa “Sorte del romanzo”, 1957. Poi ci sono Thomas Mann, “ma sporgendosi da un’estrema ringhiera dell’Ottocento”. Il racconto “Il vecchio” di Falulkner. E Brecht - “ma un Brecht della narrativa non c’è, purtroppo”.
Bizzarro è il made in Italy dello scritto del titolo.Tanto più che è una conferenza, una James Lecture alla New York University, nel 1983, in inglese. Sull’Italia e sulla lingua italiana. “L’Italia è un paese dove accadono molte storie misteriose”. L’italiano “è stato colpito da una specie di peste. L’italiano sta diventando una lingua sempre più astratta, artificiale, ambigua”. In un certo ambito politico probabilmente? Dovendosi affermare la bonaccia compromissoria: come eternare due nullità – alla sommatoria il partito Democratico: le “due culture”di De Mita e Berlinguer, la comunista e la confessionale, le altre, il liberalismo eccetera, venivano derubricate a sottoculture.
Una deriva curiosa alla seconda potenza, Calvino nel 1983 essendosi tirato fuori dalla melma politica. Ma l’imprinting forse è ineliminabile. Trent’anni prima, nella disamina della “Mancata fortuna del romanzo italiano”, ritagliava accuratamente fuori Malaparte, Soldati, Cassola, Brancati, nonché Alvaro, Silone, Domenico Rea. E Pirandello, se non per liquidarlo.
Insomma, una serie di sorprese: tanto è da riconsiderare. Calvino è onesto, e non si nasconde. Questi scritti targano molto la storia della cultura, il secondo Novecento italiano – molto povera, si capisce il deserto attuale.  
Italo Calvino, Mondo scritto e mondo non scritto, Oscar, pp. 325 € 14

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