I Medici di Germania. Ma con
più capacità, o fortuna, politica: sono stati la forza, dietro gli Asburgo e
Carlo V in particolare, degli assetti dell’Europa come si sono configurati nel
Cinquceneto, contro la Francia di Francesco I, e contro la Riforma - almeno in
un primo tempo. All’ombra del Sacro Romano Impero della Nazione tedesca, come
si era venuto a chiamare, con denominazione quasi ufficiale, con Carlo IV del
Lussembrgo, nel 1346 eletto re di Germania e nel 1354 incoronato a Roma
imperatore. “Abili tessitori”, come sono qui definiti, “di fustagno e di
destini”.
Comune con i Medici ebbero
l’arte dela lana, o della tessitura. E il prestito. Secondi, dietro i Lombardi
e i Toscani, ma più decisivi sul piano politico. Senza scrupoli, di nessun
tipo. “I Fugger meritano di chiamarsi i re delle cortigiane”, poteva tuonare
Ulrich vin Hutten, l’umanista che si schierò con Lutero comtro la curia romana,
“essi comprano dal papa ciò che rivendono poi a più alto prezzo, non solo
benefizi ma anche grazie permanenti”. Per Carlo V comprarono, letteralmente, lo
attesta una sollecitazione scritta di Jakob Fugger indirizzata allo stesso
sovrano, la corona imperiale, finanziandone la campagna elettorale – i donativi
ai principi elettori. Ne finanzieranno anche la guerra contro la Lega francoitaliana
di Cognac, il cui primo atto sarà la discesa di quattordicimila Lanzichenecchi,
servi della gleba (Landsknecht), in
buona parte luterani, a Roma con libertà di saccheggio per una settimana, dal 6
al 14maggio 1526 – era a capo della banca Anton Fugger, 33 anni, di cui sei
passati a Roma, alla corte palale. Con Leone X Medici al soglio, furono i
gabellieri delle indulgenze, che spinsero Lutero alla rottura. Già dal 1508,
regnante a Roma l’antitedesco Giulio II, avevano ottento la privativa del conio
delle monete papali d’argento, “che portavano come contrassegno una F incisa,
sorgente da un anello, oppure il marchio di fabbrica dei Fugger, un bidente con
un piccolo anello”. Si diceva in Spagna
nel primo Cinquecento: “Ricco come un Fugger”.
Un repertorio che è una
miniera, della storia non detta. La fortuna durò poco. Filippo II, appena
salito al trono, col padre ancora vivente, avviò con i Fugger quella che poi
sarà la sua condotta di regnante: negare il rimborso dei prestiti che venivano
a scadenza, proponendo fedecommessi remoti e altre alternative palliative, o intentando
processi di scontata conclusione. La pratica era stata avviata dal coerede di
Filippo II, Ferdinando I d’Austria: s’imbastivano processi contro mercanti di
secondo piano, che, messi alla tortura, denunciavano connivenze o manovre dei
Fugger. Lo stesso Filippo II passava di bancarotta in bancarotta.
Gli interessi dei Fugger
saranno liquidati nel primo Seicento da Ambrogio Spinola e altri banchieri
genovesi, i nuovi finanziatori della corona spagnola – che la Spagna poi non
ripagherà…
Angelo Cerino (a cura di), I Fugger e la banca d’affari
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