Si inalberano l’“Avvenire” e i
vescovi italiani per le denunce che sempre più fioccano sul Terzo settore. Ora
per l’affido, l’affidamento dei minori, ragazzi per lo più tra i10 e i 17 anni.
Per i quali una migliaio di case famiglia sono state allestite, la maggior
parte da parrocchie e organizzazioni religiose (250 solo quelle che fanno capo
a don Benzi). Per una spesa di 50 euro al giorno per ragazzo ospitato – meno se
il minore va in una famiglia, 15 euro al giorno. Per un esborso complessivo, da
parte dei Comuni e\o delle famiglie d’origine, di 12 milioni di euro, al mese.
Non una spesa eccessiva, si
sottintende. Per la cura di quasi 50 mila minori. Ma se ci sono abusi, magari
di case famiglie e affidi non della diocesi, perché non denunciarli?
L’“Avvenire” s’indigna in
realtà nell’ambito della campagna contro Salvini, cui i vescovi l’hanno
giurata. Ma sanno loro stessi, l’“Avvenire” e i vescovi, che l’accoglienza, dei
minori come degli immigrati, e tutto il terzo settore in genere, è marcio. Il lodevole
principio della sussidiarietà, per cui lo Stato delega funzioni che sa fare
male, magari a un costo minore, resta terreno d’improvvisazione e piccoli
affari. Un controllo – un albo, un’Autorità di controllo – è solo necessario.
Per il bene dello stesso terzo settore delle diocesi, di gran lunga il più
importante, e probabilmente il meglio organizzato, di questo enorme mercato – è
terzo settore tutta l’assistenza che il settore pubblico, Stato e Comuni, delega a esterni, per motivi di economia e di
efficienza, un campo sterminato.
La chiesa come sempre va
protetta da se sessa.
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