Divagazioni d’autore, più che
enciclopedia. Di autore erudito, che (ri)racconta il latino. A suo modo, un
breviario personale. Di “Ars”, una delle voci più brillanti, manca per esempio
l’accostamento principale, al greco techne
– o è ridotto, senza evocare la tecnica, a parentesi: “(l’ars ha sempre un
aspetto pratico)”. Ma l’incompletezza non inficia la lettura. “Modus” al
contrario sorprende per la prolificità:, fino a “moderno”, alla “moda”, al “come,
comme, como” neo latino, da “quomodo”, alla misura musicale, e nella translitterazione
med-, alla medicina, a Medea, etc. – e ai “modisti”, i linguisti del secondo Duecento
del “modus significandi”, delle parole segni delle cose.
Gardini, italianista in
cattedra a Oxford, ma di suo latinista, curatore di Ovidio, Marco Aurelio,
Catullo (e anglista in Italia, traduttore di Hughes e Dickinson), aveva
cominciato, spiega, dedicandosi alla parole “più rappresentative della
mentalità latina (pietas, furor,
decorum, ius, fas, gravitas ecc.)” ma poi ha optato per “dieci parole di
origine latina che avessero una storia avventurosa e coinvolgente”.
Un lavoro in difesa e a
promozione del vocabolario, inteso a ravvivare l’interesse alle parole. Si
direbbe il giapponese smarrito nella giungla che continua una guerra da tempo
persa e finita, ma Gardini fa “come se”, e il lettore pure – c’è sempre tempo
per aprire le finestre.
Nicola Gardini, Le dieci parole latine che raccontano il
nostro mondo, la Repubblica, pp. 205 €
9,90
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