“Buongiorno un cazzo” è la cover per cellulari più
riprodotta, in vari colori e sfumature di colore, al banco delle cover nei
grandi Carrefour 24h. Che vorrà dire?
I libri del genere young adult sono praticamente
tutto “un cazzo” e “sticazzi” – il
best-seller “gesuitico” di Einaudi “A volte ritorno”, sul ritorno di Gesù in
terra, ne è un tripudio. Non si capisce in che senso, è un intercalare privo di
senso, specie ora che la funzione dell’organo è desueta. La terminologia
cazzesca è peraltro più spesso di autrici, influencer o scrittrici in erba. Sembra
un segno di dislessia.
O è un intercalare per non sapere che dire. Una volta si
bestemmiava, ora che non ci sono più i santi, si fa coprofilia, o una qualche
forma di parafilia parassessuale. Ma anche l’organo in questione non ha più una
funzione, e dunque?
È l’esito dell’analfabetismo di ritorno
a scuola, se un terzo dei licenziati non capisce l’italiano? Sarà un millennio di
carestia linguistica, nell’affluenza delle cose.
Si dice che internet ha
migliorato e arricchito il liguaggio. Restringendolo?
Alla formazione non si
sfugge.
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