La moglie bigotta allontana
il marito. Che si trova un’amante. È
tutta la storia, nulla di che. Più il
moralismo clericale, la sessuofobia. Ma Balzac ci teneva. Scrisse il racconto a
ridosso della “Fisiologia del matrimonio”, la sua prima opera, 1829, la prima a
suo nome, che ne aveva già fatto un autore. La riscrisse per dodici anni, così
spiega nella prima edizione della “Commedia umana”, nel 1842. Nel dodicennio
l’aveva ripubblicata tre volte, con vari titoli: scritta nel febbraio 1830, la
pubblicò nel secondo volume delle “Scene della vita privata”, come “La donna
virtuosa”. Ma prima ne aveva pubblicato un estratto sul giornale “Le Voleur”,
col titolo “La grisette parvenue”. Ritorna nel 1835, sempre come “La donna
virtuosa”, nelle “Scene della vita aprigina”. Nel 1842 confluisce cn questo
titolo nuovamente nelle “Scene della vita privata”. È che Balzac vi fa le prove
di Balzac – il segreto di Balzac è la scrittura.
La prima dozzina di pagine è
un capolavoro di racconto del niente: un vicolo buio del Marais malsano, come
dice il nome, dove a un angolo, in due stanze con poca luce, due donne lavorano
al telaio, la vecchia madre e la giovane figlia. Si sa anche come finirà: la
giovane sarà l’amante del passante, l’unico con cui incrocia lo sguardo, per
una storia senza gioia. Eppure si legge.
Balzac, Une double famille, Le Livre de Poche, pp. 123 € 2
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