martedì 16 luglio 2019

La cura del dolore

“Così come il filosofo impara a a essere-per-la-morte, tutti noi dovremmo imparare a essere-per-il-dolore, ad alfabetizzarci rispetto a esso”. Il dolore fisico ha rimedi, quello morale no, quello che si presenta di volta in volta come nostalgia, melanconia, rimpianto, rimorso, angoscia”, per cui “una complessa filosofia “ si è sviluppata fin dall’antichità sul tema”.
Eco ne ripercorre le tracce, da Eschilo a Höderlin, Hegel, Schopenhauer e  Nietzsche. Passando per la redenzione attraverso il dolore, nella Passione e il cristianesimo dei martiri. E il “rovesciamento” in epoca romantica, per cui il detto dell’“Ecclesiaste”, “qui auget scientiam, auget et dolorem”, si trasforma in “qui auget dolorem, auget et scientiam, chi aumenta il proprio dolore aumenta anche la conoscenza” – “Con Fichte, Hölderlin, Hegel e Schelling nasce l’incontro tra la filosofia e il tragico, tra la conoscenza serena e il dolore tormentato”. Senza più illusioni.
È il testo di una lectio magistralis del 2014, alla cerimonia per la consegna dei diplomi annuali dell’ Accademia delle Scienze di Medicina Palliativa, quella della “buona morte”, o “cura del dolore”, a Bologna. Un testo sereno – Eco rinuncia per una volta all’arguzia. Con un rilievo pratico, nella forma del consenso informato: “La conoscenza, vorrei dire la cultura, alza la soglia della sofferenza” - protegge, in qualche maniera: “Sapendo cosa stiamo subendo, vi sappiamo resistere meglio”.   
Umberto Eco, Riflessioni sul dolore, Asmepa, pp. 48 € 5

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