Ma
Mueller non è nemmeno un accusatore di Trump. È solo un pavido, che per venti o
trenta volte nella sua audizione parlamentare risponde con un monosillabo, e rimanda al Rapporto scritto – la sentenza
– a fine indagine. È stato convocato alla Camera dei Rappresentanti a maggioranza
anti-Trump, in due Commissioni diverse, sei ore di fila di testimonianza, a settantacinque anni, con centinaia di questionanti, interrogatorio
che non si fa con nessun testimone, sarebbe tortura, e non ha saputo protestare.
Sapeva dell’uso politico che della sua testimonianza si voleva fare, di
programma, e non si è sottratto.
Un
incapace? Può darsi. Ma Mueller non è un funzionario alla periferia
dell’impero, che soprattutto non vuole essere disturbato. È stato a lungo il
capo dell’Fbi, una polizia onnipotente. Ha accettato la nomina se non la ha cercata, a Procuatore Speciale. E ha indagato sul Russiagate per due
anni e mezzo, con poteri speciali, e tutte le polizie giudiziarie americane a
disposizione. Ma il potere dell’opinione è in America dominante. E la sola
giustizia mediatica è - si ritiene - quella del sospetto.
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