giovedì 25 luglio 2019

L’Europa è com’era

Francia e Germania attuano una politica di “respingimenti” e blocchi dell’immigrazione dall’Italia, paese di prima accoglienza, con intrighi e azioni violente. “Trucchi e forzature, così Berlino aggira gli accordi” è solo l’ultimo titolo di “la Repubblica”, uno di una lunga serie (il giornale ex di Scalfari, pur documentando le forzature francesi e tedesche, ne dà la colpa all’Italia, ma questo non è il punto). Tutto sempre violento e subdolo: “Finte ricerche per allungare i termini del possibile respingimento e scambi di persona” fra i tanti trucchi, documenta ancora “la Repubblica”: “L’obiettivo è rimandarne quanti più è possibile”.
Non è tutto, all’informazione manca il dato più importante: si rimandano gli indesiderati. Quasi tutti africani: i giovani cioè senza formazione e senza mestiere. La Germania si sceglie gli immigrati. Non per un dovere di solidarietà, ma per l’efficienza delle sue fabbriche e dei suoi campi.
La Francia fa anche peggio e con pù sfrontatezza – anch’essa col plauso di “la Repubblica” e giornali analoghi, ma anche qui il punto non è questo. Macron, che attua una politica di respingimenti brutale, a Ventimiglia e in tutta la Francia, convoca i paesi europei a Parigi, a un suo vertice, per discutere la questione. Non per ridiscutere il trattato di Dublino in materia, che è da rifare. Per dirsi il patron del campo: uno che respinge e accoglie chi vuole.
Lo stesso con la Russia. Macron e Merkel impongono in Europa le sanzioni che gli Usa decretano per motivi interni (per giustificare un incremento abnorme delle spese militari), ma poi corrono a Mosca per capitalizzare questa leadership con i migliori affari, i più ricchi e convenienti.
Nessuno ricorda che la Francia di Macron ha sospeso Schengen – la libera circolazione tra paesi europei – per bloccare i migranti. E che la sospensione è ora illegale, avendo superato i due anni concessi dai trattati di Schengen.
È la Germania
L’Ue ha cambiato indubbiamente molto. Ma non il dato basico: è la Germania. E la Francia con essa. Si procede come agli inizi delle politiche comunitarie, con la Pac, la politica agricola comunitaria: il latte della Baviera per tutti, e le granaglie e le carni francesi, gonfiate dagli estrogeni.
Il Novecento è passato ma non del tutto. Non il suo problema e il suo spirito. Sono finiti gli eserciti europei, e quindi le guerre, ma non le politiche. Solo, ora sono sdentate. Non hanno artigli. Ma ugualmente distruttive – pro bono meo.
La Gran Bretagna sempre alone, come al solito. Tanto più che l’isolamento ora non le costa. La City ha prosciugato Berlino finché c’etra da prosciugare. Da tempo ha chiuso il “Financial Times” tedesco, e ora lascia la Borsa - Milano no, non lascia: a Milano si guadagna facile. La Gran Bretagna è del resto sempre l’unica Europa che la Germania ama e teme. Oscillando. Ora lingua comune, affari comuni, ora no.
Intatta resta l’ostilità tedesca contro gli slavi. La Turchia nella Ue sì, vediamo, la Russia a nessuna condizione, nemmeno pensarci.
Sono gli stessi i Balcani. Molto in lite tra di loro. Molto filotedeschi. Molto anti – mai tranquilli. Quelli in maggioranza. Anche in Polonia.
La Germania è un’altra, non quella di Bonn con cui siano cresciuti in questo dopoguerra, fino alla riunificazione. Finché regge la Cdu-Csu, regge in qualche modo Bonn. La Csu soprattutto, animata dai cattolici, puri e duri. La Cdu molto evangelica, molto opportunista – basta vedere come ributta gli immigrati, della cui accoglienza si fa vanto, sulle coste italiane, greche e spagnole, con le navi salvataggio.
All’interno della Ue cosa funziona? Un po’ d’interesse materiale, distribuito in misura mitridatica, q.b. per creare qualche convenienza e dissuadere dal rifiuto. Ma è una forma di assuefazione, tossica: chi ha immaginato e coltivato l’idea di un’Europa europea non fa che constatarlo. Le asimmetrie sono la regola. La Ue non è una federazione, non lo vuole, ma nemmeno una confederazione. È una piramide, quelli di sotto reggono quelli di sopra.  
Che quelli di sotto fossero prima alla fame, e ora abbiano almeno da mangiare non cambia: manca l’eguaglianza delle opportunità. Manca un diritto comune, e inviolabile.  Ognuno di fatto è per sé. Con agganci bilaterali. La solita diplomazia dei pesi e contrappesi.
Questo al tempo della globalizzazione, del mercato mondiale, oggi economico ma anche politico e militare, significa un ridimensionamento. Drastico. Ma finché non colpisce la Germania – con la Francia – non si cambia.

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