“Nondimanco”, tuttavia,
l’avversativo è ricorrente in Machiavelli: le cose dovrebbero stare così, e
tuttavia… Da questa minima chiave linguistica Ginzburg risale a ricostruire la
formazione casuistica di Machiavelli. L’eccezionalismo, si direbbe, “segnala un
elemento che è al centro dell’opera di Machiavelli: la tensione tra norme ed
eccezioni, ispirata alla casistica medievale”.
Un Machiavelli casuista?
Ginzburg ricostruisce, con la consueta verve filologica, un persuasivo filo
inerpretativo, radicando Machiavelli nella sua cultura, Aristotele e san
Tommaso – seppure, per il tratto più caratteristico, l’ipocrisia consigliata ai
tiranni, su un Tommaso spurio, il tomista Pietro d’Alvernia. Basandosi sulle
letture probabili di Niccolò giovane in casa, tra i libri del padre Bernardo.
Bernardo, che tenne un “Libro
di ricordi” con molte notizie su Niccolò, è personaggio del dialogo “De legibus
et iudiciis” del cancelliere fiorentino Bartolomeo Scala, “redatto nel 1483 o
giù di lì”, e “rimasto inedito”. Nel quale argomenta che chi detta le leggi è
la ragione ben guidata, “simulacro della divinità”. Con un primo collegamento
alla scolastica casistica. Nella sua biblioteca – di cui segnava ogni acquisizione
nel “Libro di ricordi” figurano sicure fonti di casistica, le opere del
giurista Giovanni D’Andrea.
Molto di Machiavelli Ginzburg
rintraccia poi in Galileo. E in Pascal, malgrado il rifiuto: “Pascal, lontano
sia da Machiavelli sia da Galileo, si era nutrito dei loro pensieri; non
sarebbe diventato interamente se stesso senza di loro”. Il sottotitolo più
corretto essendo, dice, “Pascal, Machiavelli”. Pascal conosceva il Machiavelli
corretto, dei “Discorsi sulla prima deca di Tito Livio”, oltre che del “Principe”, e ne usava
la tecnica, di deduzioni e controdeduzioni – Machiavelli è molto presente in
Francia, da subito, nelle lotte di religione a metà Cinquecento che ebbero al
centro Caterina dei Medici, e dopo.
“Letture intricate”, giusto
il titolo del quarto saggio della raccolta. Di Machiavelli radicato anche in
Aristotele, seppure col filtro tomistico, o probabilmente via Pontano. E
riverberato da Galileo, dallo stesso suo nemico Campanella, caratteristicamente
pro Galilelo e anti Machiavelli, e da Pascal. Comprese le inevitabili ripese
degli “antiquari” e di “alcuni sui lettori”. L’attivissimo Kaspar Schoppe
soprattutto, luterano tourné cattolico,
antiprotestante e antigesuita, polemista ferace.
C’entra anche Croce, che per
primo ha rinviato Machiavelli alla casistica. Una traccia ripresa da Singleton, il traduttore di Dante, “The
Perspective of Art”, 1953, con “le pagine più profonde che siano mai state scritte
sul pensiero di Machiavelli”. Il presupposto è che Machiavelli va letto fuori
“dalla sua ricezione”: “machiavellismo e antimachiavellismo sono temi di
ricerca importanti, ma Machiavelli va analizzato fuori dagli stereotipi,
positivi o negativi, legati alla sua controversa fortuna”.
Il secondo saggio, “Diventare
Machiavelli”, porta nuovba luce sulla “prima oscurissima fase dello sviluppo
intellettuale di Machiavelli”. È un riesame dei “Ghiribizzi al Soderini”,
“l’abbozzo di una lettera che forse Machiavelli non spedì”, datato 12 settembre
1506, a commento di “un breve messaggio di Giovan Battista Soderini”, nipote
del gonfaloniere Pier Soderini, “redatto non a Firenze dopo il ritorno dei
Medici ma, verosimilmente, a Perugia, subito dopo l’entrata di papa Giulio II
in città”, non contrastato dal Baglioni, signore della città. Una lettera “cui
Machiavelli aggiunse velocemente alcune notazioni in margine: con ogni
probabilità appunti che intendeva rielaborare”.
L’inizio della nota a margine
è il nucleo della futura riflessione di Machiavelli: “Donde nascha che le
diverse operationi qualche volta equalmente giovino o equalmente nuochino”. Con
un primo abbozzo di soluzione logica: “Donde io credo…. che si habbi nelle cose
ad vedere el fine et non el mezo, ed
vedendosi con varij governi conseguire una madesima cosa et diversamente
operando havere uno medesimo fine”. Un quesito, nota Ginzburg, che in francese
ha questa risposta: “Par divers moyens on arrive à pareille fin”, ed è il
titolo del primo dei “Saggi” di Montaigne.
Con un’analisi delle “parole
machiavelliane”: virtù, fortuna, forza, giustizia. E un omaggio a Francesco
Orlando, il professore di italianistica alla Normale che era stato allievo di
Tomasi di Lampedusa, con un “Leggere tra le righe. Noterella su Il Gattopardo”. Orlando aveva ipotizzato
Machiavelli come probabile radice del “messaggio” gattopardesco, “se vogliamo
che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Ginzburg ne dà le
coordinate, nei “Discorsi sopra la prima decadi Titolìo Livio”, I, XXV E mostra
iI tanti passi in cui Lampedusa si rifà a Machiavelli.
Due saggi apparentemente avulsi completano la raccolta machiavelliana. Uno su “Le Provinciali”, l’opera
antigesuitica che si attribuisce a Pascal, sull’ironia che la anima, fino al
burlesco. E uno sull’“Euclides Catholicus”, un libello illuminista antigesuita
e aatipapista, che accosta il “religiosissimo” Machiavelli ai gesuiti – “uno
stereotipo ricorrente”. In filigrana, è l’influsso di Machiavelli in Francia.
Anche attraverso Nicolas Perrault, fratello del Charles delle fiabe, un teologo
esperto di casistica. In cui era versato anche Pascal.
Carlo Ginzburg, Nondimanco. Machiavelli, Pascal,
Adelphi, pp. 242 € 18
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