domenica 28 luglio 2019

Machiavelli casuista


“Nondimanco”, tuttavia, l’avversativo è ricorrente in Machiavelli: le cose dovrebbero stare così, e tuttavia… Da questa minima chiave linguistica Ginzburg risale a ricostruire la formazione casuistica di Machiavelli. L’eccezionalismo, si direbbe, “segnala un elemento che è al centro dell’opera di Machiavelli: la tensione tra norme ed eccezioni, ispirata alla casistica medievale”.
Un Machiavelli casuista? Ginzburg ricostruisce, con la consueta verve filologica, un persuasivo filo inerpretativo, radicando Machiavelli nella sua cultura, Aristotele e san Tommaso – seppure, per il tratto più caratteristico, l’ipocrisia consigliata ai tiranni, su un Tommaso spurio, il tomista Pietro d’Alvernia. Basandosi sulle letture probabili di Niccolò giovane in casa, tra i libri del padre Bernardo.
Bernardo, che tenne un “Libro di ricordi” con molte notizie su Niccolò, è personaggio del dialogo “De legibus et iudiciis” del cancelliere fiorentino Bartolomeo Scala, “redatto nel 1483 o giù di lì”, e “rimasto inedito”. Nel quale argomenta che chi detta le leggi è la ragione ben guidata, “simulacro della divinità”. Con un primo collegamento alla scolastica casistica. Nella sua biblioteca – di cui segnava ogni acquisizione nel “Libro di ricordi” figurano sicure fonti di casistica, le opere del giurista Giovanni D’Andrea.
Molto di Machiavelli Ginzburg rintraccia poi in Galileo. E in Pascal, malgrado il rifiuto: “Pascal, lontano sia da Machiavelli sia da Galileo, si era nutrito dei loro pensieri; non sarebbe diventato interamente se stesso senza di loro”. Il sottotitolo più corretto essendo, dice, “Pascal, Machiavelli”. Pascal conosceva il Machiavelli corretto, dei “Discorsi sulla prima deca di Tito  Livio”, oltre che del “Principe”, e ne usava la tecnica, di deduzioni e controdeduzioni – Machiavelli è molto presente in Francia, da subito, nelle lotte di religione a metà Cinquecento che ebbero al centro Caterina dei Medici, e dopo.
“Letture intricate”, giusto il titolo del quarto saggio della raccolta. Di Machiavelli radicato anche in Aristotele, seppure col filtro tomistico, o probabilmente via Pontano. E riverberato da Galileo, dallo stesso suo nemico Campanella, caratteristicamente pro Galilelo e anti Machiavelli, e da Pascal. Comprese le inevitabili ripese degli “antiquari” e di “alcuni sui lettori”. L’attivissimo Kaspar Schoppe soprattutto, luterano tourné cattolico, antiprotestante e antigesuita, polemista ferace.
C’entra anche Croce, che per primo ha rinviato Machiavelli alla casistica. Una traccia ripresa  da Singleton, il traduttore di Dante, “The Perspective of Art”, 1953, con “le pagine più profonde che siano mai state scritte sul pensiero di Machiavelli”. Il presupposto è che Machiavelli va letto fuori “dalla sua ricezione”: “machiavellismo e antimachiavellismo sono temi di ricerca importanti, ma Machiavelli va analizzato fuori dagli stereotipi, positivi o negativi, legati alla sua controversa fortuna”.
Il secondo saggio, “Diventare Machiavelli”, porta nuovba luce sulla “prima oscurissima fase dello sviluppo intellettuale di Machiavelli”. È un riesame dei “Ghiribizzi al Soderini”, “l’abbozzo di una lettera che forse Machiavelli non spedì”, datato 12 settembre 1506, a commento di “un breve messaggio di Giovan Battista Soderini”, nipote del gonfaloniere Pier Soderini, “redatto non a Firenze dopo il ritorno dei Medici ma, verosimilmente, a Perugia, subito dopo l’entrata di papa Giulio II in città”, non contrastato dal Baglioni, signore della città. Una lettera “cui Machiavelli aggiunse velocemente alcune notazioni in margine: con ogni probabilità appunti che intendeva rielaborare”.
L’inizio della nota a margine è il nucleo della futura riflessione di Machiavelli: “Donde nascha che le diverse operationi qualche volta equalmente giovino o equalmente nuochino”. Con un primo abbozzo di soluzione logica: “Donde io credo…. che si habbi nelle cose ad vedere el fine et non el mezo, ed  vedendosi con varij governi conseguire una madesima cosa et diversamente operando havere uno medesimo fine”. Un quesito, nota Ginzburg, che in francese ha questa risposta: “Par divers moyens on arrive à pareille fin”, ed è il titolo del primo dei “Saggi” di Montaigne.
Con un’analisi delle “parole machiavelliane”: virtù, fortuna, forza, giustizia. E un omaggio a Francesco Orlando, il professore di italianistica alla Normale che era stato allievo di Tomasi di Lampedusa, con un “Leggere tra le righe. Noterella su Il Gattopardo”. Orlando aveva ipotizzato Machiavelli come probabile radice del “messaggio” gattopardesco, “se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Ginzburg ne dà le coordinate, nei “Discorsi sopra la prima decadi Titolìo Livio”, I, XXV E mostra iI tanti passi in cui Lampedusa si rifà a Machiavelli.
Due saggi apparentemente avulsi completano la raccolta machiavelliana. Uno su “Le Provinciali”, l’opera antigesuitica che si attribuisce a Pascal, sull’ironia che la anima, fino al burlesco. E uno sull’“Euclides Catholicus”, un libello illuminista antigesuita e aatipapista, che accosta il “religiosissimo” Machiavelli ai gesuiti – “uno stereotipo ricorrente”. In filigrana, è l’influsso di Machiavelli in Francia. Anche attraverso Nicolas Perrault, fratello del Charles delle fiabe, un teologo esperto di casistica. In cui era versato anche Pascal.     
Carlo Ginzburg, Nondimanco. Machiavelli, Pascal, Adelphi, pp. 242 € 18

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