Una notte e una mattina convulse,
in corsa dalla mamma che in ospedale a Londra vomita sangue, da un convegno
olandese sul massaggio rettale, cui il linguista incongruo ha volto
partecipare, per l’onorario. In piena crisi prostatica, con minzioni dolorose
intermittenti (in un certo punto sono già undici, in altri nove) in situazione
impossibili, in aereo, in taxi, all’ospedale, forse effetto del massaggio che
ha voluto sperimentare. Col matrimonio in crisi e una relazione, a
sessant’anni, con una trentenne. Con una sorella, l’unica che si occupa della
madre, che deve correre ad accudire un figlia down in età. E l’amico più caro
mandato all’ospedale dal primogenito improvvisamente violento, un ragazzo che
si vuole gay, a cui i genitori hanno adattato il piano superiore della casa per
renderlo indipendente – ma na violenza non senza ragione: il figlio ha letto le mail del
padre, può succedere se la password è penetrabile, le mail alle amanti, e
quelle all’amico in cui dice la moglie, da entrambi desiderata, “non la mia
donna”, il mio tipo di donna, quella che ha sposato dopo una convivenza di
trenta anni, la madre dei suoi figli. Insomma, tutte le famiglie, e tutte le mamme, di questo mondo.
Si va di corsa, ma ponderati.
O sarà come si dice, che le disgrazie non vengono mai sole. Oppure: la morte è
il momento delle memorie familiari. Ma non un disgraziere, quali abbondano
nell’editoria: un esercizio d’autore, di bravura. Non un riesame, o un bilancio,
ma una sorta di odissea joyciana. Compressa anch’essa nelle ventiquattro ore –
sarà l’inglese che si presta alla compressione? Qui grazie anche al telefonino
e a internet, messaggi, email, navigatori, roaming.
Un poema alla mamma, epico. E
alla famiglia. Due temi controcorrente, due hapax
anche nella storia della letteratura, ma più convincenti che bizzarri. Un poema veloce, ma sottile. Sul matrimonio, e la rottura del
matrimonio, per l’urgenza del corpo, che si trasforma in “amore” – la parola
corre pochissimo, la prima volta dallo strizzacervelli, a Madrid, che è una spagnola, ha una certa età, e fuma durante la seduta.
In sottofondo il sorriso
sottile che è il trademark di Parks,
attorno alla stimolazione anale – detta anche orgasmo prostatico. Un leitmotiv che però dà alla narrazione, magistrale
per ritmo e inventiva, e che vorrebbe essere di vita vissuta, un tratto da
trucco prostetico.
Tim Parks, In extremis, Bompiani, pp. 384 €18
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