Cicco Simonetta,
chi era costui
Si
festeggia a Caccuri, nella Sila Piccola, la cultura, con discussioni, presentazioni,
mostre, senza un cenno al suo personaggio più celebre, Francesco “Cicco”
Simonetta, il cancelliere che “fece” gli Sforza. Già feudo di Polissena Ruffo, che Simonetta
sposerà a Francesco Sfiorza. Neanche wikipedia lo ricorda – ricorda di culturale
solo il “il film “Il brigante Musolino” che Camerini vi ha girato nel 1950, con
Silvana Mangano e Amedeo Nazzari, gli attori allora di maggior seguito. La
Calabria resta un posto senza storia
“Caccuri è un piccolo paese di mille e poco più
abitanti”, ricordava questo sito qualche anno fa,
“arroccato nel cosentino, con un castello, nei
secoli intitolato alle famiglie proprietarie, dotato di un premio letterario,
quest’anno alla quinta edizione. Opera dell’associazione Amici dei Caccuriani,
presidente Giordano Bruno Guerri. E quest’anno ha premiato Gianluigi Nuzzi,
Pierluigi Battista, Edoardo Boncinelli, Elena Stancanelli, Valerio Massimo
Manfredi, Vittorio Sgarbi e Ferruccio de Bortoli, in una kermesse di tre
giorni. Col premio, il paesino mantiene alta la vocazione settentrionale. Si è
italiani, ferventemente, solo al Sud”.
O
altrove:
“Prima di Alessandro dei Medici era stato Moro
celebre uno Sforza, Ludovico, quello che meglio illustrò Milano, governando la
città, come reggente e poi come duca, per gli ultimi venti anni del
Quattrocento, patrono di Leonardo e altri artisti, committente dell’“Ultima
cena”. Sotto l’“impresa” personale: “Per Italia nettar d’ogni bruttura”.
“Ludovico
il Moro fu figlio, il quarto, di Francesco Sforza, il condottiero, anche lui di
colorito scuro, tratti marcati, capelli crespi neri, nato a Cigoli, nel comune
di San Miniato in Toscana, non si sa come. Francesco Sforza, primo duca di
Milano, ebbe cancelliere Cicco Simonetta, il “messer Cecco” di Machiavelli,
“Istorie fiorentine”, cap. XVII, “uomo per prudenza e per lunga pratica
eccellentissimo”, versato in greco, latino, ebraico, francese, tedesco e
spagnolo, che gli procurò il titolo nobiliare, la moglie Polissena Ruffo,
castellana pro tempore del suo paese, e il meglio delle arti, tra i pittori
Antonello da Messina, che ora la città celebra, tra i musicisti Joacquin des
Près.
Il
paese di Simonetta era Caccuri in Calabria, un piccolo borgo della Sila.
Francesco “Cicco” era nato in famiglia di cui non si sa nulla, allevato dai
monaci basiliani, e aveva tratti anche lui marcati”.
Ancora:
“Giovanni Simonetta, fratello di Cicco, fu autore
di una “Sforziade”, un incunabolo in quattro copie in celebrazione di Francesco
Sforza. Alla quale sarà legato, forse nel 1490, un profilo di Bianca Sforza che
si scopre ora di mano di Leonardo. Bianca era figlia adulterina legittimata di
Ludovico il Moro, il figlio di Francesco Sforza: fu sposata nel 1496 a tredici
anni a Galeazzo Sanseverino, il comandante delle truppe, e dopo pochi mesi
morì. Giovanni Simonetta era nato come il fratello a Caccuri, nella pre-Sila
crotonese, dove aveva fatto gli studi, prima di trasferirsi col fratello, e con
lo zio Angelo, a Milano alla corte degli Sforza – dei quali poi Cicco sarà
cancelliere. Alla morte di Cicco, Ludovico il Moro lo cacciò da Milano. Morirà
a Vercelli, forse proprio nel 1490”.
Non c’era il leghismo, non c’era stata l’unità.
E
ancora:
“Ci sono
stati 130 mila intercettati nel 2009, per milioni di telefonate, e una spesa di
270 milioni. Poco meno di tutti gli aiuti alla piccola e media industria varati
ieri, per i quali non si trovano coperture. L’Italia è un paese non più
delittuoso di altri, a giudicare dalle statistiche. Ma sì per le
intercettazioni, vecchio vizio che affligge la Repubblica dal tempi del Piano
Solo, 1964, impunito. Almeno a giudicare dai raffronti internazionali: ci sono
21 intercettati per ogni diecimila italiani, meno di uno per ogni diecimila
americani.
“È un vizio vecchio, si facevano intercettazioni anche nel Quattrocento, si leggeva la posta. Si scriveva quindi in cifra. Un vizio molto milanese, si capisce che oggi imperversi. L’umanista e statista Cicco Simonetta, capo della segreteria di Francesco e Galeazzo Maria Sforza a Milano, compilò un manuale di decrittazione, “Regulae ad extrahendum litteras zifferatas”. Che è anche, all’ultimo punto, una serie di accorgimenti semplicissimi di antidecrittazione: “Tuttavia, le regole predette possono esser rese inutilizzabili in molti modi, sia scrivendo in cifre una parte del testo in volgare, e una parte in latino; oppure interponendo ed aggiungendo al testo delle cifre che non rappresentano alcuna lettera (nulle) e ciò specialmente nelle parole di una o due oppure tre cifre o lettere; o anche cifrando con due alfabeti completamente diversi; o infine cifrando q e u con la stessa unica cifra”. Regole che però al telefono non valgono più.
“Di Cicco Simonetta, di cui Francesco Sforza disse “se Cicho non gli fusse, sarebbe necessario farne un altro, se bene dovesse essere de cera”, non ci sono biografie, nelle tante e pur documentate storie di Milano, da Verri a Treccani degli Alfieri. Francesco Sforza lo disse perché i nobili di Milano non sopportavano Simonetta. Di cui ancora Machiavelli ebbe grande opinione, al cap. XVII delle “Istorie fiorentine”: “Messer Cecco, uomo per prudenza e per lunga pratica eccellentissimo”. Non ci sono biografie perché il segretario era di Caccuri, un paesino del crotonese? Cenni biografici più ampi dei suoi sono infatti disponibili per i suoi familiari, avendogli gli Sforza dato in moglie una Visconti, che produsse una vasta figliolanza nobileC”.
“È un vizio vecchio, si facevano intercettazioni anche nel Quattrocento, si leggeva la posta. Si scriveva quindi in cifra. Un vizio molto milanese, si capisce che oggi imperversi. L’umanista e statista Cicco Simonetta, capo della segreteria di Francesco e Galeazzo Maria Sforza a Milano, compilò un manuale di decrittazione, “Regulae ad extrahendum litteras zifferatas”. Che è anche, all’ultimo punto, una serie di accorgimenti semplicissimi di antidecrittazione: “Tuttavia, le regole predette possono esser rese inutilizzabili in molti modi, sia scrivendo in cifre una parte del testo in volgare, e una parte in latino; oppure interponendo ed aggiungendo al testo delle cifre che non rappresentano alcuna lettera (nulle) e ciò specialmente nelle parole di una o due oppure tre cifre o lettere; o anche cifrando con due alfabeti completamente diversi; o infine cifrando q e u con la stessa unica cifra”. Regole che però al telefono non valgono più.
“Di Cicco Simonetta, di cui Francesco Sforza disse “se Cicho non gli fusse, sarebbe necessario farne un altro, se bene dovesse essere de cera”, non ci sono biografie, nelle tante e pur documentate storie di Milano, da Verri a Treccani degli Alfieri. Francesco Sforza lo disse perché i nobili di Milano non sopportavano Simonetta. Di cui ancora Machiavelli ebbe grande opinione, al cap. XVII delle “Istorie fiorentine”: “Messer Cecco, uomo per prudenza e per lunga pratica eccellentissimo”. Non ci sono biografie perché il segretario era di Caccuri, un paesino del crotonese? Cenni biografici più ampi dei suoi sono infatti disponibili per i suoi familiari, avendogli gli Sforza dato in moglie una Visconti, che produsse una vasta figliolanza nobileC”.
E per finire
“Anche Cicco
Simonetta, il cancelliere di Francesco Sforza che salvò la signoria negli anni
del suo volubile erede Galeazzo Maria e della reggenza della vedova Bona di
Savoia, alla fine fu fatto processare dai signori milanesi. Da giudici
notoriamente avversi: “Tutti inimici e di factione contrarii”, li dice
Bernardino Corio, Storia di Milano, p. 1428. Ma Cicco era calabrese.
Anche nel caso di Cicco i maggiorenti milanesi ne vollero l’esecuzione per spartirsene le rendite, le attività, e le ville – una era proprio ad Arcore”.
Anche nel caso di Cicco i maggiorenti milanesi ne vollero l’esecuzione per spartirsene le rendite, le attività, e le ville – una era proprio ad Arcore”.
Il
peso della famiglia
Lord Keynes ipotizzava in una sua
divagazione quattromila copie in sottoscrizione per un autore inedito da parte
di parenti e conoscenti, e quindi una sicura piattaforma di pubblicazione e di
lancio per uno scrittore. Vorrebbe dire che la famiglia, che si supporrebbe
legame tenue in Inghilterra,vi è invece attiva, e opera per imporre o comunque
temere vivo il legame di sangue. Nessun autore italiano invece, neanche del
Sud, ha mai beneficiato della rete di parenti,amici, conoscenti, beneficati.
Non Camilleri, per dire, che ebbe molta difficoltà a farsi strada come
scrittore, debuttante a settant’anni, benché dirigente Rai e produttore, di
varietà, di fiction, uomo di teatro, persona estremamente socievole,
politicamente impegnato, con contatti costanti con persone importanti in campo editoriale, come Sciascia
- Montalbano si pubblica quando Sciascia muore.
Il familismo opera in Italia, specie al
Sud, rapido e senza eccezioni, per il reato di scambio. Se c’è da ottenere un
favore politico, un appalto, un’assunzione, una grazia o riduzione di pena,
magari solo un avvicinamento. Due-trecento voti sono subito raccolti in cambio.
Anche di un impegno non preciso, ma a
quel punto condizionante – trecento voti decidono un’elezione. In senso cioè
più o meno delittuoso, anche soltanto del non fare. Non in senso celebrativo,
della festa.
Non è tutta la verità sul familismo al
Sud, ma ne è un aspetto consistente.
Sicilia
Muore Alberto Sironi e qualcuno dice che
il merito del successo di Montalbano è suo. Che quella “Sicilia” è sua – o
perlomeno ha saputo dare corpo alla “Sicilia” di Camilleri, poco decrittabile
ai lettori. Ma lo dice solo Zingaretti, sommessamente.
La migliore Sicilia la fanno i lombardi
– Sironi era di Varese, patria del leghismo
Reitano è di Fiumara di Muro, come dire
di Reggio Calabria, ma lo ricorda Messina: Scaletta Zanclea gli ha intestato
una piazza, e lo celebra ogni anno con un concerto
“Più mq abusivi che abitanti”, è l’esito
degli ultimi rilevamenti catastali in Sicilia: “Cinque milioni di abitanti,
quasi sei milioni di mq di abusi realizzati”. Gli abusi recenti, degli ultimi
otto anni, a partire dal 2010.
“I cosiddetti eurocrati”, spiega Ernesto Maria
Ruffini su “L’Economia”, “in realtà sono meno dei dipendenti della Regione
siciliana, e pesano sui conti europei meno di quelli del Comune di Roma sul
bilancio della città (21 per cento)”.
Gli eurocrati in realtà sono di più. Ma è vero
che pesano meno sui conti europei di quanto i funzionari siciliani incidono sui
conti della Regione.
Un pregiudicato, di una (ex) grande
famiglia di mafiosi, fa una strage di ragazzi col Suv a Vittoria, in libertà condizionata e strafatto di coca,
e la Finanza di Caltanissetta va a perquisire la sede della Polizia di Vittoria,
i cui proprietari sono mafiosi, con qualche legame col pregiudicato killer. Ai
quali lo Stato versa per l’affitto 105 mila euro l’anno.
Va bene che le polizie in Italia non si
parlano, ma la Finanza non ci poteva pensare prima?
Settecento diciottenni di Caltanissetta
si sono spesi i 500 euro di bonus culturale di Renzi in telefoni, ricariche,
tablet e accessori - che il bonus
espressamente proibisce.
Altrove no? O i Carabinieri hanno altro
da fare.
Usavano emigrare a Milano, da Virgillito a Cuccia
(e Sindona), pdroni di piazza Affari, o delle prefetture, fino a Vicari - ora
sono soverchiati dai napoletani. Anche gli scrittori: Capuana, De Roberto,
Verga, non vedevano che Milano, Sciascia invece e Camilleri no.
A novembre del 1862, dopo i moti
garibaldini nell’isola, il prefetto di Agrigento fa un’ispezione al carcere. Lo
trova sporco, e pieno di galline, metà dei detenuti, metà del capo delle
guardie. Destituisce il capo e tutte le guardie, e ci mette altri custodi,
“tutti continentali”, racconta Camilleri “fatta eccezione di un calabrese”. Non
continentale?
Dopo la sostituzione, un anonimo avverte
il prefetto di Agrigento che nel carcere si prepara una fuga. Il prefetto ordina
un’ispezione. Che è minuziosa, ma non rileva nulla. La notte di Natale “i
detenuti hanno il permesso di scambiarsi abbracci e auguri sotto lo sguardo
delle guardie «continentali»”, continua Camilleri. La mattina dopo non c‘è più
nessuno, tutti evasi, attraverso uno scavo segreto: “Il custode di guardia quella
notte, guarda caso il calabrese, non ha visto né sentito nulla”. Perché non era
“continentale”?
leuzzi@antiit.eu
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