Finita l’occupazione
napoleonica, Belli si mette in viaggio, per aggiornarsi sulle novità. Nelle capitali
della cultura, Napoli, Firenze, Milano. A Milano con più gusto. Dove ha scoperto
Parini e, soprattutto, Porta. Nonché Manzoni – il romanzo è per il poeta romano
il “primo libro del mondo”.
Nel 1817 è a Venezia e
Ferrara – centri allora del purismo.Viaggerà poi per le Marche e l’Umbria, e
nel 1822 è per la rima volta a Napoli. Nel 1824 passa l’estate e metà autunno in
giro per le Marche, e da ultimo a lungo a Firenze. Dove frequenta il Gabinetto
Vieusseux e colloquia con Pietro Giordani. L’anno successivo è di nuovo a
Firenze.
Del 1827 è il viaggio
rivelazione a Milano, su cui tiene il diario, prevalentemente in francese. Registra
in più occasioni la lettura ammirata di Porta in dialetto, frequenta artisti e
letterati legati a Porta e a Manzoni. Si chiarisce e s’impone in queste frequentazioni
l’uso del dialetto, quella lingua viva che andava cercando a Roma tre le
polemiche delle accademie che lui stesso creava e gestiva. L’anno dopo torna a
Milano. Non si sente a suo agio a Napoli, città di “estremi”, dice. Di Firenze
apprezza la misura, ma è sconcertato dalla mancanza di entusiasmo. Di Milano
apprezza tutto: Specie la cultura senza pedanteria, e il “rispetto nel volgo”,
che non è plebe. Di ritorno scriverà il primo sonetto in romanesco.Nel 1829
torna per la terza volta a Milano. Legge Walter Scott, madame de Staël,
Stendhal.
A Roma, dopo il terzo viaggio
a Milano, scrive sonetti romaneschi a ritmo impressionante. E fonda una “società
di lettura” sul modello dela “cameretta” portiana – dove i sonetti vengono
“degustati”, ma non si pubblicano.
Giuseppe Gioachino Belli, Journal du voyage, de 1827, 1828, 1829,
Editore Colombo, pp. 177, ill. € 17
Nessun commento:
Posta un commento