venerdì 2 agosto 2019

Sicilia magica

Si riedita lo speciale di un anno fa, nel quale Paolo Flores d’Arcais raccolse le testimonianze di scrittori e critici, nonché degli autori dei film, sul creatore di Montalbano. Precedute da un lungo memoir di Camilleri, “Camilleri sono”, pieno di umori e di aneddoti. Sul modo di lavoro. Su Tiresia a Siracusa. Su T.S.Eliot amatissimo. Su Elvira Sellerio, che era intelligentissima, “voi non immaginate quanto”. La morte del padre. La costruzione del “vigatese”. La fame, “quella vera”, dei compagni alle elementari. Le dieci lauree ad honorem. L’oralità rivendicata, del “contastorie” – “l’oralità che Calvino detestava, anche perché lui non sapeva parlare”. E una pagina violenta contro Strehler, “sopravvalutato” e praticamente incapace – mentre Sironi ricorda di avere visto Camilleri per la prima volta a Milano, nel 1966 o 1967, quando “Andrea venne a intervistare Strehler (di cui Sironi era uno degli aiuti, n.d.r.) un paio di volte” per radio Rai, in “conversazioni di altissimo livello culturale” (ma poi Strehler boicottò Camilleri a teatro).
Un Camilleri di grandi entusiasmi e di grandi pessimismi. Fino a concordare - dopo aver superato con Montalbano lo share del 40 per cento in tv, da anni del consenso” - con Mussolini: “Governare gli italiani non è difficile, è inutile”. Una società “incivile”. Un popolo di “razzisti”: “Che cos’è un italiano? Prima di tutto un razzista, e poi un fascista, con una visione limitata del domani”.
Una raccolta alla quale partecipano, con distese interviste, infine gli artefici della fortuna di Montalbano presso il grande pubblico: Carlo Degli Esposti, il produttore dei film, che per primo intuì il potenziale scenico dei racconti, il regista Alberto Sironi, Luca Zingaretti, lo scenografo Luciano Ricceri, il cosceneggiatore Francesco Bruno. E con le testimonianze dei traduttori del “vigatese” - che smentiscono Calvino, la sua tesi che il localismo è illeggibile. Salvatore Silvano Nigro tratteggia il “vigatese”, lingua inventata che “si impone per la sua verità fantastica” – “Vigàta è un oggetto reale del linguaggio”.
Sironi, che con Ricceri ha creato “il paesaggio di Montalbano” – ha dato corpo all’invenzione di Vigàta, col mare di sabbia, che nel tratto agrigentino è una rarità, e con le piazze, i vicoli, i palazzi di Ragusa Ibla e di Modica – dà anche la lettura critica più fine del personaggio Montalbano e delle storie che Camilleri gli cuce addosso. Camilleri richiama col suo personaggio “un odore di antico all’interno della storia contemporanea”. Nelle storie di Montalbano “spicca piuttosto la capacità, e insieme l’esigenza, di far convivere la luce con l’ombra, il chiaro con lo scuro. Lo «scuro» è nei delitti che raccontano e che sono per la maggior parte delitti di famiglia, perché questa è la storia del nostro paese, nel quale la famiglia contiene tutto il bene e tutto il male della cultura mediterranea e cattolica. Camilleri ha l’occhio molto lungo in questo, e in questa oscurità ci mette il bene del vivere che caratterizza la Sicilia, un bene del campare quotidiano”. I film, in effetti, hanno ricreato una magia della Sicilia.
Camilleri sono, “Micromega”, pp.227 € 15


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