“La castità è il miraggio
degli osceni”.
“Offrire il fianco al ridicolo
è norma ottima. Il ridicolo può uccidere nelle società colte o aristocratiche.
Nelle società arriviste e democratiche è la condizione necessaria allo sviluppo
della Fama”.
“L’offesa ingrandisce sempre
chi la fa”.
“La prostituzione ci
interesse perché è la nostra condizione, il delitto perché è la nostra aspirazione”.
Flaiano da ultimo era
diventat flaianeo - “Un volta il rimorso veniva dopo, adesso mi precede”.
Con molti sberleffi alla
“vita sociale” romana: “C’erimo io, Jacovacci e Liliana….”. E una serie di lapidi.
La prima,, 1959, che potrebbe essere indirizzata a Pasolini, molto cruda. Altre,
cattive, non amichevoli, a Pasolini, qui nominato, a Moravia, e Arbasino. Altre
invece ammirate per La Capria, Wilcock, e Arbasino.
Nella sezione “Lamenti e canzonette”,
il “Rondò della stampa indiscreta”: “Il vero che diventa verosimile\ questo è
il fine dell’imparzialità.\ Per ottenere un risultato simile,\ noi dobbiamo
inventarne la metà”.
Una serie di “lettere” non
inviate chiude la raccolta, nemmeno ispirate.Cesare Garboli in un’affettuosa
dettagliata avvertenza, racconta un Flaiano attivissimo negli due anni dopo il
primo infarto, nel marzo 1970. Che vole morire solo, nel residence “Tevere” a
via Isonzo, dietro la via Po sede storica de “L’Espresso”, al quale collabora
assiduo. E destinato a “vivere in morte”, come i tre Grandi del Novecento,
Gadda, Debenedetti “esemplari inarrivabili”, o “supremi campioni come Delfini”.
Garboli ha curato la scelta,
con tre raccolte minime, intitolate come Flaiano stesso prevedeva, con apposite
e separate cartelline, “Autobiografia del blu di Prussia”, “Taccuino del marziano”
e “La valigia delle Indie” – le altre cartelline hanno fatto libro a parte, “Ombre
bianche” e “La solitudine del satiro”.
Ennio Flaiano, Autobiografia del blu di Prussia,
Adelphi, pp. 177 € 12
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