Grillo è partito alla conquista
del Parlamento, dopo averlo invettivato a furia di vaffa. E c’è riuscito, anche
facile. Ma per merito suo? Quello che prospetta qui è niente.
Casaleggio fa capitolo a
parte: un dilettante della rete, del mondo digitale. Quindi, da dilettante, un
visionario. Cresciuto, organizzativamente (economicamente) e politicamente, all’ombra di un blog, quello di Grillo. Teorico di
una sistema rappresentativo che si vorrebbe anarchico – finalmente l’anarchia
al potere… Ma il suo non è niente più di un bla-bla senza forma. Perfino l’ironia è
scadente, i sarcasmi di Grillo.
“La Rete contro i partiti” e “Per
una nuova politica” sono i sottotitoli. Il libro è di otto anni fa, e al riscontro
le due bandiere sembrano cenci. La Rete non ha sostituito i partiti, ne è solo
uno strumento. Squallido, perché troppo
minoritario: rispetto alle cellule di un tempo, le sezioni e i comizi, è niente
o quasi, individui sparsi e avventizi che si sono autoaddottorati in politica,
senza dibattito e senza reale dialogo. Autodidatti, quindi presuntuosi – vanno per
battutine e slogan.
Casaeggio vede il mondo in ebollizione
via Rete, dall’Islanda alla Grecia. E prospetta la Rete come il mezzo per
creare infine uno spirito comunitario, partecipativo. Quella che chiama “intelligenza
collettiva”. Che però, se c’è, quella che c’è, i social, è meglio che non ci fosse. Ha avuto ragione perché ne
celebrava i fasti col solo 4-6 per cento del voto, mentre un anno e mezzo dopo
ne aveva addirittura il 25 per cento. Ma a che prezzo è sotto gli occhi di
tutti: improntitudine e vecchi abusi. La “nuova” politica è vecchia, anzi vecchissima,
nel senso del peggio del vecchio: correnti, tranelli, imboscate, un pulllulare
di cavallucci di razza che si fanno le scarpe, ognuno con corteggio di persuasori
occulti, e non, piccolo ras.
Anche lo spirito sardonico di
Grillo, che si presumerebbe spumeggiante, suona acido. Falso, una posa. Come
di mattatore stagionato, in nessun modo rivoluzionario. Se non della presa del
potere. Ma di vecchi posti, con vecchi moduli.
Non una riga, peraltro, non
una parola, che si elevi a invettiva morale. “La guerra durerà molto a lungo”,
dichiaravano i due. È finita invece presto, uno anno o poco più dopo la pubblicazione,
con Casaleggio e Grillo eletti a nuovi padri putativi dell’Italia. Incolori l’uno e l’altro, benché il loro partito domini il Parlamento da due legislazioni
consecutive. Nient’altro che approssimazioni e bassa lega: tutto il vecchio, vecchissimo,
armamentario democristiano - di cui i democristiani erano e sono maestri - rispolverato, compresi gli appalti. La guerra è semmai
degli italiani, i pochi residui tra emigrazione e astensione, contro di loro.
Gianroberto Casaleggio-Beppe
Grillo, Siamo in guerra,
Chiarelettere, pp. 188 € 13,60
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