sabato 31 agosto 2019

Grillo e Casaleggio, autodidatti

Un libro patetico se non fosse irritante. Casaleggio padre e Grillo pater prospettano il futuro (per la penna, pare, di Travaglio), ma di che cosa stiamo parlando? Di fregnacce, se non sono furberie.
Grillo è partito alla conquista del Parlamento, dopo averlo invettivato a furia di vaffa. E c’è riuscito, anche facile. Ma per merito suo? Quello che prospetta qui è niente.
Casaleggio fa capitolo a parte: un dilettante della rete, del mondo digitale. Quindi, da dilettante, un visionario. Cresciuto, organizzativamente (economicamente) e politicamente, all’ombra di un blog, quello di Grillo. Teorico di una sistema rappresentativo che si vorrebbe anarchico – finalmente l’anarchia al potere… Ma il suo non è niente più di un bla-bla senza forma. Perfino l’ironia è scadente, i sarcasmi di Grillo.
“La Rete contro i partiti” e “Per una nuova politica” sono i sottotitoli. Il libro è di otto anni fa, e al riscontro le due bandiere sembrano cenci. La Rete non ha sostituito i partiti, ne è solo uno strumento. Squallido, perché troppo minoritario: rispetto alle cellule di un tempo, le sezioni e i comizi, è niente o quasi, individui sparsi e avventizi che si sono autoaddottorati in politica, senza dibattito e senza reale dialogo. Autodidatti, quindi presuntuosi – vanno per battutine e slogan.
Casaeggio vede il mondo in ebollizione via Rete, dall’Islanda alla Grecia. E prospetta la Rete come il mezzo per creare infine uno spirito comunitario, partecipativo. Quella che chiama “intelligenza collettiva”. Che però, se c’è, quella che c’è, i social, è meglio che non ci fosse. Ha avuto ragione perché ne celebrava i fasti col solo 4-6 per cento del voto, mentre un anno e mezzo dopo ne aveva addirittura il 25 per cento. Ma a che prezzo è sotto gli occhi di tutti: improntitudine e vecchi abusi. La “nuova” politica è vecchia, anzi vecchissima, nel senso del peggio del vecchio: correnti, tranelli, imboscate, un pulllulare di cavallucci di razza che si fanno le scarpe, ognuno con corteggio di persuasori occulti, e non, piccolo ras.
Anche lo spirito sardonico di Grillo, che si presumerebbe  spumeggiante, suona acido. Falso, una posa. Come di mattatore stagionato, in nessun modo rivoluzionario. Se non della presa del potere. Ma di vecchi posti, con vecchi moduli.
Non una riga, peraltro, non una parola, che si elevi a invettiva morale. “La guerra durerà molto a lungo”, dichiaravano i due. È finita invece presto, uno anno o poco più dopo la pubblicazione, con Casaleggio e Grillo eletti a nuovi padri putativi dell’Italia. Incolori luno e l’altro, benché il loro partito domini il Parlamento da due legislazioni consecutive. Nient’altro che approssimazioni e bassa lega: tutto il vecchio, vecchissimo, armamentario democristiano - di cui i democristiani erano e sono maestri -  rispolverato, compresi gli appalti. La guerra è semmai degli italiani, i pochi residui tra emigrazione e astensione, contro di loro.
Gianroberto Casaleggio-Beppe Grillo, Siamo in guerra, Chiarelettere, pp. 188 € 13,60

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