Sembra bizzarro, e qualcuno
ancora lo contesta a Wolf. Che peraltro non è un grecista né un antichista, ma
un medievista (ha insegnato a Heidelberg, membro del Max Planck Institut), e l’“Odissea”
ha affrontato non da specialista ma da appassionato. Dalla prima lettura del
poema, al liceo, e poi insieme col fratello maggiore Hans-Helmut, architetto. Specialista
quest’ultimo, per passione e formazione, del mare: delle correnti e dei venti.
Che da solo, avendo letto nel 1959 la traduzione in prosa dell’“Odissea” del
classicista Wolfgang Schadewaldt, era giunto alla conclusione degli specialisti:
“Se si seguono le correnti del mare e le direzioni dei venti menzionate da
Omero, quello di Ulisse deve essere stato un viaggio intorno alla Sicilia” – “Sicilia
e Calabria negli occhi di Omero” è il sottotitolo.
Armin Wolf, che nel 1959 aveva 24 anni e si addottorava
in Storia medievale, dai 17 anni, dalla prima lettura dell’“Odissea” a scuola, era
perseguitato dall’idea che i poemi omerici non sono fiabeschi, come il
professore voleva (il professore al liceo, Eduard Bornemann, poi professore di
antichistica a Francoforte, era già autore di un commento all’“Odissea” per le
scuole), ma storie note, che seguono percorsi identificabili. Armin pone allora
al fratello il quesito che aveva posto al professor Bornemann: “Dove si trovava
dunque il paese dei Feaci? Come ha potuto Ulisse prima essere risospinto al di
qua dello Stretto e poi essere condotto in patria dai Feaci senza passare per
lo Stretto una terza volta?” E il fratello: “In quel momento
Ulisse ha viaggiato via terra, a piedi, in Calabria”.
E così per nove anni i due fratelli hanno ponzato l’idea di “Ulisse
in Calabria”, producendo alla fine una prima pubblicazione. Frutto del lavoro
principalmente di Hans-Helmut, che documentò l’ipotesi con carte marine e carte
isobariche, misure delle coordinate, calcoli tempo\distanze. La pubblicazione, pronta
dal 1964, dovette aspettare quattro anni, ossia la raccolta di un congruo numero
di pareri favorevoli, o non contrari, di antichisti in cattedra. Intanto Armin
Wolf ebbe agio di fare i primi viaggi, finanziati dalla Fondazione Boehringer- Ingelheim,
sull’asse Lamezia-Squillace (località dove poi è ritornato decine di volte e
da alcuni decenni si è stabilito, la metà dell’anno), e a Itaca. La pubblicazione
fece rumore, ma non conquistò il consenso accademico.
Questo si è costruito con le successive riedizioni, riviste in molti
aspetti e ampliate – questa in traduzione,
tre volte più ampia della prima, è la sesta, pubblicata in Germania nel 2009. Già
nl 1978, dieci anni dopo l’uscita di “Ulisse in Calabria”, Wolf veniva invitato
a Bordeaux a confrontarsi con la “geografia” omerica di Victor Bérard, che
risaliva agli anni 1920, e fu riconosciuta di maggiore obiettività. L’anno successive
Wolf era invitato a parlare, da storico, alla Conferenza Internazionale della
Cartografia, sul tema: “Omero aveva una carta geografica?”
L’“Odissea” al Sud d’Italia è di Victor Bérard prima che di Armin
Wolf,
Bérard, geografo della Marina e in cattedra a Parigi, notevole
classicista, studioso in particolare della Magna Grecia, esordì nei primi anni
1900 con la contestazione di Samuel Butler, l’italianista inglese teorico di un
Omero al femminile, “L’autrice dell’Odissea”. Butler si era invaghito di
Trapani, al seguito degli inglesi industriali del Marsala, e ne aveva fatto
Scheria, la terra di Nausicaa, e anche Itaca – Graves lo seguirà nel 1955, col
romanzo “La figlia di Omero”, in cui l’autrice dell’“Odissea” non è ignota ma è
Nausicaa, e lo è in quanto figlia. Contro questo Omero di fiaba Bérard debuttò
criticando Butler, con due articoli nel 1902 nella “Revue des deux mondes”, i
numeri del 15 maggio e dell’1 giugno. Nel 1924 portò a termine e pubblicò una
traduzione rivoluzionaria, in prosa ritmica, dell’“Odissea”. Il cui successo lo
indusse nei sette anni successivi a una prolifica produzione” omerica”. Per
primi quattro volumi su “La Navigation d’Ulysse”. Circostanziati, e poi poco
contestati. Dell’“Odissea” delineando una geografia che principalmente la situa
nel Sud dell’Italia: Circe al Circeo, a sud di Roma, l’isola delle Sirene a
Capri, Polifemo a Nisida, i Lestrigoni a Palau, sotto La
Maddalena-Caprera-Santo Stefano, Cariddi e Scilla nello Stretto di Messina,
l’isola di Eolo alle Eolie, l’isola del Sole identificando nella Sicilia.
Wolf va molto più in là. A Tiriolo, un paese
appollaiato in alto, a cavaliere tra i due mari sull’istmo Lamezia-Squillace,
al centro della Calabria, collocando Scheria, la terra amena dei Feaci. Che
però erano un popolo di navigatori, “i navigatori gloriosi Feaci”, e avevano
nomi di mare, a cominciare da Nausicaa, sotto il patronaggio di Poseidone: Nausítoo,
il re eponimo dei Feaci, che guidò per mare a Scheria in fuga dai Ciclopi,
nonno di Nausicaa, la stessa Nausicaa, Pontònoo, e “i giovani, molti e valenti”
del libro Ottavo, Nautèo, Proreo, Ponteo, Toonte, e anche Euríalo,
“il Naubolide, ch’era il più bello per aspetto e per corpo di tutti i Feaci”. È
lo scoglio su cui Wolf più argomenta te per dare credibilità alla sua ipotesi -
Poseidone del resto molto tardi fu dio del mare, prima era Poseidone
Enosictono, dio dei terremoti.
L’edizione italiana è un regalo. Anche per i non
appassionati. Ottimamente curata dall’editore, Massimo Tigani Sava. La traduzione di Antonio De Caro è
stata rivista dall’autore. Con un corredo fotografico aggiuntivo molto vasto
dei luoghi in esame. Carte, mappe, itinerari prendono la metà della
pubblicazione. Seguita da una dettagliatissima “Storia dele localizzazioni”.
Con un’estesa bibliografia. E dettagliati indici dei nomi e delle cose.
Armin Moler, Ulisse in Calabria, Local Genius, pp. 412,
ill. € 10
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