Una divagazione nel mondo
delle glorie francesi, tra ufficiali belli e ammirati, e belle e ricche donne,
alcune giovani e vedove. Tra i quali succede poco o nulla, “La pace coniugale”
è il titolo. Una, involontaria?, celebrazione del secolo francese - che avrebbe
dovuto essere il secolo francese, non fosse stato per Bismarck.
Il
racconto del titolo invece, giustamente celebre, è una detective story in
anticipo su Poe, 1831 (ma già à la
Hoffmann, l’antesignano che si continua a ignorare), sottogenere horror. Un
delitto estremamente crudele non andrà impunito. Con una celebrazione del
romanticismo tedesco (di cui E.T.A .Hoffmann era allora l’esponente più di
spicco), e dell’amicizia, quasi identità, franco-tedesca sul Reno. Il narratore,
un tedesco, che nelle guerre napoleoniche aveva fondato un gruppo di resistenti
ed era stato per questo in prigione, vede passare il condannato, un giovane ufficiale
medico francese, come un angelo tedesco: “Per me, la Germania respirava nei
suoi lunghi capelli biondi, nei suoi occhi blu” - il condannato innocente, ovvio.
Honoré de Balzac, L’albergo rosso, PaginaUno, pp. 130 €
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