Ansia – È una fabbrica,
più che unno stato psicotìco o modo di essere: l’ansioso fabbrica (impone)
terrori, al momento stesso in cui li vive (crea). È un fatto relazionale, non
ci può essere un Tarzan ansioso: l’ansioso, se non proietta le “sue” ansie, non
le vive. Non in stato ansioso.
Genere – È
Euripide femminista o misogino? “Medea”, “Ecuba”, “Le Troiane”, “Elena”, “Elettra”,
“Fedra”, “Ippolito”, “Andromaca”. “Le Supplici”, le “Ifigenia”, le stesse “Baccanti”, uno
direbbe tutte tragedie, e tragicommedie femministe, di donne a vario titolo capaci
e determinate, e a vario titolo giuste. Aristofane invece lo dice un misogino.
Era suo concorrente in teatro - Euripide è anche autore di commedie - ma questo
non basta a giudicare il giudizio di Aristofane: se, fra le tante abominazioni
di Euripide, nelle “Donne alle Tesmoforie” può dirlo un sadico tormentatore delle
donne, che rappresenta violente e incestuose, lo dice perché aveva con questo,
o acquisiva, credito. Presso le donne o presso gli uomini?
L’interrogativo
su Euripide si può in realtà ripetere per qualsiasi autore che abbia
tratteggiato figure femminili, Tolstòj per esempio, o Flaubert.
In
termini di genere, meglio non occuparsene – meglio che gli uomini non si
occupino di donne, rischiano di non trovare più lettori, i quali, come si sa,
sono per lo più lettrici.
Le
rivendicazione di genere sono escludenti - come il nazionalismo.
In
termini di genere niente si risolve, solo la divisione.
Indifferenza
–
“Il peso morto della storia” può dirlo Gramsci. Che però “opera potentemente
nella storia. Opera passivamente, ma opera”. Anche perché “nessuno o pochi si
fanno una colpa della loro indifferenza”.
Soprattutto, anzi solo,
bisognerebbe aggiungere, nella massa, quindi nei regimi democratici di massa.
Dove i molti sono azionati dai pochi, attraverso l’opinione pubblica –
informazione, proclami, ragionamenti.
Medea – È la Sorge di Faust- Goethe e Heidegger? Per l’alternanza
della radice med- invece di mod-, che Nicola Gardini (“Le dieci parole
latine”, p. 59) attesta interessare “molte radici antiche, sia del greco sia
del latino”. E porta tra gli esempi il verbo medeor, io provvedo a, io curo: “La radice med- indica riflessione, pensiero mirato”, spiega Gardini.
Attestata, oltre che in latino, anche in greco, “per esempio nell’arcaico, già
omerico, médea, “pensieri”, “piani”.
Pessimismo – Rende schiavi.
Del potere.
Forse
aiuta la conoscenza, ma non è certo – la conoscenza è propedeutica al bene, che
comincia da se stessi. Dell’opinione. Del denaro. Della speculazione al
ribasso. Della speculazione al rialzo. Le mani forti – chi è più furbo, cinico,
avido - lo seminano a piene mani: il culto della crisi.
Psicoanalisi – Fa tutti colpevoli di qualcosa. Avendo eliminato l’innocenza, non può essere
un ricostituente. Come gnoseologia. Come terapia può raccogliere le briciole –
il piatto rotto non si ricostituisce.
Sacro – È la
continuità. L’identità. Un accumulo di memorie, del tipo labili (paure,
incertezze, visioni, sogni, incubi) e non razionalizzate (sistemate, nell’arte
tecnica), che a un certo punto cristallizzano in forme-formule (pre)definite.
Essenzialmente per l’uso (l’invenzione) della scrittura, dei segni significanti
– che Platone ancora deplora.
Santuario – È il luogo
del sacro, ma perché il sacro dovrebbe avere un luogo chiuso? Per esercitare
la comunione, raccogliere la comunità. Che però si riunirebbe meglio all’aperto,
con più semplice e larga adesione.
Il
tempio rinchiude e ricrea il sacro quale suono (melodia, eco) del luogo. Il recinto
chiuso come acustica, miglioramento del suono? Sì, la preghiera è canto.
Si
può pensarlo come segreta, come luogo in cui nominare i propri dei al coperto
della curiosità malsana dei nemici. Ma il segreto non si confà alla divinità,
che vuole essere aperta - acquisitiva, proselitista.
È
però vero che non c’è divinità senza luogo, apatride. Il fondo tribale è,
nell’evoluzione umana, quello più persistente.
Scrivere – È operazione
incessante – scrivere come parlare, pensare, anche senza segno grafico.
Generale: tutto e tutti scrivono – nominano, dettagliano.
È
operazione che si potrebbe dire religiosa, ne ha la natura. Che si operi
singolarmente oppure in gruppo: è dare un senso – un certo senso – alle cose e
alle persone.
Il
racconto in particolare è una
formazione, come nelle squadre sportive, una messa in quadro e una serie di
tattiche, più meno preordinate, anche avventate.
È
opera delle persone come del mondo. È come Duras, la scrittrice, nota
(“Écrire”): “Attorno a noi tutto scrive”, dice, anche se più spesso non si sa
che.
Storia – “Nella storia
si è sempre alla soglia del peggio”, Cioran, “Pensieri strangolati”.
Viaggiare – È attività
onirica, al meglio, l’attività del sognare. Altrimenti è uno stracco ripetersi di
istantanee e selfie, al meglio un Guida
Rossa, con il costo aggiuntivo del disagio, la fatica, lo spaesamento. Si
“vede” l’esotico come si vede nei sogni: è la “materia” dei viaggi – incluso
dei viaggiatori che ne scrivono – non solo dei Goethe, anche dei più
spassionati come Montaigne.
Un
innesco, un “incidente”, per aprire una ricerca.
zeulig@antiit.eu
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