giovedì 26 settembre 2019

Erotismo del mare – o l’ecologia consapevole

“Imponente e temibile”: la prima impressione del mare, alle prime tre righe, “è la paura”. Con l’illimitato, per estensione e profondità, il buio, le rabbie imprevedibili e irresistibili. “Non lo si vede infinito, ma lo si sente, lo si capisce, lo s’indovina infinito, e l’impressione non è che più profonda”. Ostile: “Un’armata di flutti nemici che vengono compatti all’assalto”. C’era anche allora, metà Ottocento, l’alternanza fra “anni caldi” e “tempi freddi e piovosi”. Che incattivisce il mare: nell’ottobre 1859 devasta la costa occidentale della Francia, strade e ponti distrutti, pali e fili del telegrafo divelti, allagamenti, naufragi in serie.
La prima rappresentazione chiama al rispetto. Poi il mare sarà anche gravido, di pesci, latteo (“il mare al largo”), creatore, di mondi e di bellezza – i bagni di mare. Sempre animato: un inno Michelet erige alla fertilità, dopo la prima impressione di paura, della grande massa acquea come liquido amniotico di ogni forma di vita – il mare è fecondo, femminile, come lo vuole il francese. Raccontato: non un trattato sul mare, ma le impressioni che guardando il mare emergono, o sui libri scientifici che ne tratano. “Il romanzo del mare” lo dice Jean Borie, il novecentista che fu grande studioso dell’Ottocento, di Flaubert e Zola, per il quale tutto Michelet è piuttosto un narratore: uno storico senz’altro, lavora sulle fonti, ma di suo è narratore. Ha tentato col romanzo vero e proprio, “Sylvine”, e ha fallito, ha distrutto quello che aveva scritto, ma di fatto i suo romanzi sono le storie che prodigiosamente ha accumulato, anche in serie di dieci e venti tomi.
Questa era in filigrana l’opinione anche di Roland Barthes, che ha debuttato quasi quarantenne, nel 1954, con un “Michelet par lui-même” - accanto al “Grado zero della scrittura”. Mancando però – per inavvertenza, “Il mare” non era allora molto quotato, o per misoginia, ai quarant’anni ancora radicale? – l’aspetto che più lo avrebbe affascinato negli anni: la pulsione femminile e materna, del desiderio e della fecondità. Che il mare, femminile in francese, assume per Michelet al centro di questa trattazione, al § 1 del Libro Secondo, “La genesi del mare”: “Questo è il mare, la grande femmina del globo, il cui infaticabile desiderio, il concepimento permanente, la procreazione, non finisce mai”. L’opera avendo lui stesso concepito, scrisse nel “Diario” allora segreto, reso pubblico nel 1959,  “uscendo” dalla giovane moglie ventenne: “Il mare e il c. di mia moglie, i miei due infiniti”, amore forse ineguagliato, forza prodigiosa, come il mare.
“Il mare” è concepito dopo una vacanza erotica con la moglie giovane, Athénaïs, l’estate del 1857, a Fontainebleau. Sono estati che il “Diario” marca di segni e sogni erotici, vivificanti. Atenaide sempre: “È uscendo da essa che ho avuto le mie più grandi idee forse, «L’amore» il 16 marzo 1856, «Il mare» il 15 settembre 1857”, segna sognante il 3 giugno 1860. La spiaggia dove ha preso casa, popolando di “grosse dame”, “ragazzine” dagli “occhi bassi”, le tre donne della sua vita riunite in sogno, “ricordi, profumi”, una bagnante che vede “fare la sirena, ondulare le chiappe e trascinarsi sul ventre”.
Il mare ancora nel primo Ottocento era una novità, per i non marinai. Diderot ha visto il mare per la prima volta a sessant’anni - nel 1783, di passaggio in Olanda per andare a San Pietroburgo. Michelet a trenta passati, nel primo viaggio in Italia. “Il mare” osserverà e tratterà nel quadro di uno dei suoi tanti grandiosi progetti, quello di una enciclopedia popolare. Avviato nel 1856 con “L’uccello”, seguito da “L’insetto”, 1857, “Il mare”, 1861, e “La montagna”, 1865. Nel mezzo il progetto di romanzo, “Sylvine”, e “La strega” – oltre ai nuovi tomi della “Storia di Francia”, e la polemica ateista con “La Bibbia dell’umanità”.
Contro Malthus (e Darwin)
Un progetto anche di storia naturale. Sebbene, curiosamente, benché contemporaneo di Darwin, della “Origine della specie”, 1859, di cui si faceva gran parlare, non ne tenga conto – lo cita, ma per pubblicazioni secondarie. Non senza motivo, però: Michelet è ecologista più che selettivo. Anzi non lo è, da repubblicano e grande democratico, populista. Darwin è malthusiano, forse più malthusiano che Malthus, e Michelet aborriva Malthus, con cui altrove fa i conti.
Un progetto di volgarizzazione scientifica della storia naturale. Michelet molto ha letto, e si è documentato con i suoi “corrispondenti” scientifici, nonché con i colleghi al Collège de France. Ex archivista, si era legato a un gruppo di ricercatori di Rouen: Félix-Archimède Pouchet, il biologo, che nel 1859 pubblica “L’Hétérogénie, ou traité de la generation sponatanée”, il botanico E. Noël, il medico fisiologo Achille Flaubert, fratello maggiore di Gustave – del cui padre, Achille Cléophas Flaubert, primario di chirurgia, Pouchet era stato allievo. Nel “Diario” registra “estratti” di un po’ di tutto: “Estratto diel “, e di Ritter, “La forma dei continenti”, Bory, “Matière et mucosité de la mer”, Pouchet, Humboldt, il “Diario di Colombo”, quello di Coste per la storia dell’ovologia e quella delle alghe et al.
Sono prose anche amorevoli. Del mare come poi della montagna, o prima dell’insetto. Il mare in particolare. Per una concezione forse romantica. Baudelaire, altro Grande Romantico, ne dice ne “Il mio cuore messo a nudo”: “Perché lo spettacolo del mare è così eternamente e così infinitamente gradevole? Perché il mare offre insieme l’idea dell’immensità e del movimento”. Con un limite, però, per il progressista Michelet: “La malinconia del mare non è nella sua noncuranza a moltiplicare la morte. È nella sua impotenza a conciliare il progresso con l’eccesso di movimento”.
Del mare racconta le tempeste, le “fioriture” (creazioni), la balena e i crostacei, le meduse e i molluschi. E lo squalo, il racconto forse più sorprendente, rapace e monogamo, con un senso della famiglia accentuato, una specie di uomo d’acqua: “Un supremo divoratore, mangiatore ammirabile e produttore povero, di digestione immensa e di generazione avara”. 
La vita nuova viene dall’Italia
Con qualche curiosità. Le spiagge e i bagni di mare, la grande novità di cui apprezza lo spirito igienico, vuole non per tutti. Con questa raccomndazione chiude la trattazione. Non per i vagabondi e non per i mondani: i bagni di sole e di mare devono essere riservati ai malati, ai bambini, alle donne, e al filosofo.
In precedenza, a dicembre 1860, celebra indirettamente la “rivoluzione italiana” (che ebbe grande eco nel mondo, bisogna ricordarlo),interrompendo la trattazione del mare per un capitol che intitola “Vita nuova delle nazioni. Una lettera di un amico medico gli porta la storia di due piccoli pazienti persi solo perché “non si è potuto mandarli al mare”. Michelet si commuove, e si ferma per commentare: “Una cosa tutta italiana Ci si guarderebbe bene altrove dal mostrarsi deboli e teneri; si temerebbe il ridicolo. In Italia no”. Il dottore scrive del fallimento senza riserva, “con un’abbondanza, una sensibilità femminile, che fa sorridere e piangere”. Effetto anche della lingua: “La lingua c’entra molto, lingua affascinante di donne e di bambini, così tenera, e tuttavia brillante, graziosa nello stesso dolore. È una pioggia di lacrine e di fiori”. Ma la lettera si chiude con l’annuncio che una libera società è stata fondata subito per rimediare, i “Bagni di bambini”, a Viareggio.
Michelet dispensa di conseguenza elogi per tutti: la Versilia, la fondazione (“La nuova fondazione sarà per l’Europa un modello”), Firenze, e tutto ciò che è italiano. “La vita nuova” delle nazioni viene “dall’amata Italia”. L’Italia, “un paese da cui ci vengono spesso grandi notizie: nel 1300 quella di Dante, nel 1500 quella di Amerigo; nel 1600, Galileo”. Gli elogi sono senza limiti per Firenze, dove aveva scelto un tempo di abitare: “Firenze ha avuto l’iniziativa della carità su tutta l’Europa, degli ospizi prima dell’anno Mille. Nel 1287, quando la divina Beatrice ispirò Dante, suo padre fondò quello di S.ta Maria Novella. Lutero nel suo viaggio in Italia, benché poco bendisposto, non ammira meno i suoi ospedali, e le belle dame italiane che, velate, senza gloriola, andavano a servirvi gli ammalati”.

 Jules Michelet, Il mare, Elliot, pp. 256 € 20


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